UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La Croce è per tutti

I vescovi: è simbolo educativo. Parole chiare da (quasi) tutti i partiti: non si tocca Il crocifisso nelle aule. Non è in contrasto con la laicità, strumentale rimuoverlo
2 Ottobre 2019

Un grave errore comunicativo, sbagliato nei tempi e soprattutto nei contenuti. L’uscita del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti – sul crocifisso da sostituire con una cartina geografica e la Costituzione – viene bocciata da quasi tutti i partiti. A cominciare da M5s che sottolinea: «Non è un tema all’ordine del giorno, le scuole italiane hanno ben altri problemi, seri e concreti. Messa in sicurezza degli istituti, e loro ammodernamento, aumento degli stipendi...». Luigi Di Maio: «Sono cattolico, ma felice di vivere in uno stato laico e non credo che il crocifisso sia il problema della scuola».

I vescovi: «Parole dette in modo avventato. È simbolo anche di valori laici»

Stupore e sconcerto, tra i vescovi italiani, per la polemica sul crocifisso fuori dalle aule, sollevata dal ministro dell’Istruzione Lorenzo Fieramonti. «Spiace che si ritorni, con una certa periodicità, su questo tema - dice il segretario della Cei monsignor Stefano Russo - cui peraltro hanno già risposto due pronunciamenti del Consiglio di Stato, una sentenza della Corte Costituzionale e una della Grand Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo». Sentenze che hanno dato «una lettura positiva e non restrittiva della laicità: non è un simbolo discriminatorio, ma richiama valori civilmente rilevanti» che «racchiude completamente: tolleranza, pace, condivisione e accoglienza appartengono non solo alla fede, ma costituiscono attraverso questo simbolo un segno identitario della nostra cultura intrisa di Cristianesimo». Dunque il crocifisso nelle scuole ha «una funzione simbolica, altamente educativa, a prescindere dalla religione professata da docenti e alunni». Il vescovo di Fabriano ricorda anche che «qualcuno usa questo segno di comunione in modo divisivo, spero che si rifletta su ciò che è stato detto in modo avventato. Ora abbiamo bisogno di questi simboli. Il crocifisso non fa male e non offende nessuno. È un segno positivo».

Il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli invita «a non imporre ad altri ciò che ognuno pensa che sia unico». E aggiunge: «Il crocifisso non è solo una questione individuale. Tutta la cultura, la tradizione che abbiamo nella vita sociale e civile, non è forse influenzata dalla visione del Vangelo?».

Lapidario monsignor Giovanni d’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno e segretario della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali: «Dall’uscita del ministro sgorga una ignoranza culturale che dispiace vedere in rappresentanti della Repubblica. Evidentemente non conosce la validità di questo simbolo, al di là di quello che pensano i cristiani. Il crocifisso, oltre ad essere un simbolo religioso, è un simbolo 'laico' di estrema importanza. Davanti all’ennesima polemica laicista in realtà bisognerebbe solo osservare silenzio ». E ricorda le parole di un Imam incontrato ad un dibattito: «Disse: 'Ma perché volete togliere il crocifisso? Sarebbe la perdita totale della vostra religiosità e dei valori culturali'».

«Un’inutile polemica», concorda monsignor Michele Pennisi. Per l’arcivescovo di Monreale «c’è il rischio che questo simbolo universale di fraternità venga strumentalizzato a livello politico e diventi un segno divisivo». Ma il crocifisso è diventato un fenomeno di cultura e di civiltà e ha reso la nostra società più capace di comprensione, accoglienza, perdono. Il crocifisso non può essere strappato, prima che dalle mura di scuole o edifici pubblici, dal nostro cuore». (Luca Liverani)

Due sentenze che parlano chiaro

La prima sentenza di peso, rispetto alla presenza del crocifisso nelle scuole, è arrivata dal Consiglio di Stato, con la decisione 556 del 13 febbraio 2006. I giudici di Palazzo Spada hanno infatti respinto il ricorso di una cittadina finlandese che chiedeva la rimozione del crocifisso nelle aule della scuola media di Abano Terme (Padova), frequentate dai figli. In un parere di 19 pagine, il Consiglio di Stato afferma che il crocifisso deve restare nelle aule scolastiche in quanto «simbolo idoneo a esprimere l’elevato fondamento di valori civili» (come rispetto o tolleranza) che «delineano la laicità nell’attuale ordinamento».

Due anni prima, la Corte costituzionale non era entrata nel merito, in quanto l’affissione del crocifisso nelle scuole non è previsto da una legge, ma da due regolamenti del 1924 e del 1927 sugli arredi scolastici (su cui la Consulta non è tenuta a sindacare). In seguito la medesima signora finlandese si è rivolta alla Corte europea per i diritti dell’Uomo, che in prima istanza, nel 2009, ha condannato lo Stato italiano al risarcimento di 5mila euro alla ricorrente. Ma il 18 marzo 2011 la sentenza di secondo grado, pronunciata dalla Grand Chambre con 15 voti a favore e 2 contrari, ha ribaltato quella decisione, assolvendo l’Italia.

Quel Segno che inquieta e scomoda

Sul muro dell’aula del liceo che frequentavo da studente, a Catania, al posto del crocifisso si trovava scritto «Torno subito»; in realtà la parete era tanto impolverata che era rimasta la forma della croce, dunque il crocifisso non c’era, ma era come se ci fosse lo stesso. Ogni tanto qualche professore ne metteva uno di riserva che conservava con cura nel proprio cassetto, però periodicamente qualcuno lo faceva sparire di nuovo.

Restavano quella scritta che in fondo dava speranza, l’impronta sulla polvere che sapeva tanto di Sindone e un chiodo che piantato sull’ombra della croce portava con sé un significato ben preciso. Ora sono un docente e dopo le parole del mio nuovo ministro ancora mi chiedo: 'Chi ha paura di un uomo in croce'?

Se dovessimo svolgere un tema, di certo gli argomenti non mancherebbero: la questione delle radici cristiane dell’Europa, i diritti uguali per tutti, il rapporto tra cristianesimo e ogni altra religione, il simbolo che dà identità al nostro popolo, la laicità dello Stato... Già, tutto valido per una prova scolastica, ma la vita cristiana è un’altra cosa, e non deve essere strumentalizzata né dalla politica, né dalla cultura, né dai media, né da estremisti variamente assortiti. Allo stesso tempo i discorsi dei cattolici che cercano di vivere il Vangelo tutti i giorni, non possono cadere nella trappola del mondo, di parole che possono essere travisate e destare l’effetto contrario. Chi ha paura di un uomo in croce?

Lo ripeto anche a scuola, perché credo che dobbiamo saper guardare in una prospettiva diversa. Forse sono proprio alcuni cristiani ad averne paura tanto da ricordarsi della forza e del valore del segno che da secoli ci parla del Crocifisso solo in questi momenti, poi la notizia diventa vecchia e tutto ritorna come prima.

La fede, il Vangelo, la Chiesa sono altro, e papa Francesco lo testimonia quotidianamente. I crocifissi da togliere e da proteggere sono i poveri del mondo che andrebbero sollevati dalla miseria, i bambini sfruttati che gridano aiuto, i senza dimora che chiedono attenzione, i giovani che hanno bisogno di relazioni significative, gli abbandonati, i perseguitati, gli esuli, i malati, i profughi e i migranti. Magari questi crocifissi già inchiodati nelle miserie del mondo fossero come tali al centro dei dibattiti quotidiani, delle contese ideali, di tutte le prime pagine dei giornali, nelle azioni dei politici, negli insegnamenti scolastici, nella missione di tutta la Chiesa... I crocifissi la vita ce li pone davanti agli occhi tutti i giorni. Perché i poveri sono sempre con noi. E così quell’Uomo in croce, che è Cristo, che l’Amore infinito, inquieta e scomoda, e più di qualcuno vorrebbe toglierselo da davanti agli occhi: perché ricorda a tutti che l’uomo è niente quando lotta solo per se stesso, quando vincono l’egoismo e l’amor proprio, la brama di desideri e di ricchezza, l’autoaffermazione e il compiacimento personale. Amiamo i simboli, difendiamoli, e facciamolo con la consapevolezza di ciò che conta davvero. Ogni vittima deve essere soccorsa e liberata, ma nessuno potrà mai eliminare i crocifissi. (Marco Pappalardo)

Toccafondi: «Strumentale come i rosari in pubblico»

C’è chi sventola i rosari come fossero bandiere e chi chiede di togliere i crocefissi dalle pareti. Ma sono due facce dello stesso errore », sostiene Gabriele Toccafondi, deputato fiorentino ex Civica-popolare, ora con Italia viva. Ogni giorno ne spunta una nuova, quasi sempre fuori tema...

“Questo governo sta facendo bene. Ma abbiamo bisogno di buonsenso, ragionevolezza, un clima positivo e propositivo. Anche per questo trovo inopportuna l’uscita del ministro Fioramonti sulla presenza del crocifisso nelle aule”.

Per quale ragione?

“Il tema non è l’oggetto ma ciò che rappresenta: il crocifisso o il rosario sono simboli di una religione di pace e condivisione. Di dialogo nella ricerca della verità”.

Ma a sinistra c’è chi non la pensa così.

“C’è un bellissimo articolo scritto nel 1988 sull’Unità dalla scrittrice e parlamentare comunista, di origine ebraica, Natalia Ginzburg, dal titolo 'Quella Croce rappresenta tutti'. La Ginzburg, a difesa della croce nelle aule scolastiche, sottolineava che «il crocifisso non genera nessuna discriminazione. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente»”.

C’è chi dice: il crocefisso divide.

“È un simbolo che unisce, invece, e rappresenta i principi su cui poggia la cultura europea e di cui è intrisa l’identità storico-culturale del nostro Paese. Se la scuola non è solo accumulo di nozioni, apparentemente quanto impossibilmente 'neutre', non dobbiamo certo averne paura”. (Angelo Picariello)

Avvenire, 2 ottobre 2019