Un anno fa ci lasciava il nostro amico Luigi Berlinguer, padre della legge 62/2000 che ha riconosciuto le scuole paritarie parte costitutiva del sistema pubblico di istruzione accanto a quelle statali. Per molti anni ha contribuito al dibattito riguardante i genitori, il loro compito e la passione educativa quale leva di cambiamento culturale e sociale. Spesso il professor Berlinguer ha condiviso momenti istituzionali Agesc mettendo sempre a disposizione la propria esperienza e conoscenza di uomo curioso, attento e culturalmente raffinato. Vista l’importanza che la legge 62/2000 ha rivestito e riveste tuttora per le scuole paritarie, ci teniamo a ricordarlo in questo particolare anniversario con un testo che aveva scritto per la nostra Associazione.
Maria Grazia Colombo, Past President Agesc
«Nella scuola che intende coinvolgere discenti, docenti e dirigenti, un ruolo particolare spetta anche ai genitori, non solo a quelli presenti negli organi collegiali come rappresentanti della categoria, ma al genitore di ciascuno degli alunni di ogni scuola o classe. Se l’istruzione si fonda sulla centralità dell’apprendimento, molto più che in passato si rivela necessaria una conoscenza maggiormente approfondita della personalità del discente. Per favorire una tale consapevolezza la partecipazione del genitore risulta fondamentale alla stessa comunità educante, poiché egli è in grado, più di chiunque altro, di fornire preziosissime informazioni su capacità e inclinazioni, carattere e stato di evoluzione psico-fisica, interessi e bisogni (e tanto altro ancora) del proprio figliolo. La capacità educativa del genitore incontra la capacità professionale del docente e ne consegue un “bene” per tutta la comunità scolastica.
Il rapporto con le famiglie è un valore e l’alleanza da costruire è un lavoro non una emotività o emozione e richiede un lavoro educativo sia da parte dei genitori che dei docenti. La difficoltà del genitore professionalmente fa bene al docente.
Il genitore è in genere il miglior conoscitore del proprio figliolo. Egli è in grado di fornire alla comunità educante preziosissime informazioni su inclinazioni, carattere, curiosità, interessi, capacità di applicazione, disponibilità e stato di evoluzione psico-fisica. I genitori sono uno strumento importante per favorire la personalizzazione dell’apprendimento. La partecipazione del genitore diviene per “l’education” un fattore di risultato compiutamente formativo: caratteristica latitante nella cultura italiana e nella scuola della trasmissione. I genitori costituiscono inoltre un’eccellente cerniera fra scuola e società, contribuendo a temperare i rischi della “separatezza” della scuola. Anche i genitori saranno messi nella condizione di una progressiva consapevolezza del loro ruolo e della loro funzione. La partecipazione dei genitori ad un’organizzazione educativa plurale è una forma di acculturazione, un modo di essere della “lifelong learning”: il genitore così è messo di fronte alla necessità di acquisire specifiche conoscenze pedagogiche, di contribuire a risolvere problemi di apprendimento.
La Costituzione all’articolo 30 recita: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». Vi si stabilisce inequivocabilmente che la famiglia ha un compito di educazione ed istruzione verso i figli. Cosa si intende pertanto con “istruire” da parte dei genitori? Richiamo l’attenzione che siamo di fronte ad un vero e proprio diritto sancito dalla Costituzione, non da una legge ordinaria; non si tratti allora solo di un diritto alla prestazione, ma di un diritto di cui essi sono titolari anche per quello che concerne la sostanza della prestazione. Non si dimentichi che un diritto costituzionale non può essere confuso con una concessione.
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ritorna sullo stesso tema. Quindi la discussione non può più attardarsi sul se riconoscere ai genitori la partecipazione al processo educativo ma occorre procedere all’attuazione delle norme. Quindi una scuola per tutti e per ciascuno in un sistema realmente plurale».
Luigi Berlinguer
Avvenire, 1 novembre 2024