UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Lʼeducazione è il primo diritto

Infanzia e adolescenza, il nuovo Piano nazionale rilancia l’urgenza del patto educativo famiglia-scuola-ragazzi
30 Maggio 2021

I ragazzi del terzo millennio chiedono spazio, sono sempre più informati sui propri diritti, non accettano di essere marginali in famiglia e nella società, considerano inaccettabili le discriminazioni di genere, chiedono al mondo adulto di fare tutto quanto possibile per eliminare le ingiustizie legate a condizione sociale e provenienza geografica. È un quadro confortante quello che emerge dal nuovo Piano per l’infanzia e l’adolescenza messo a punto dal ministro per la famiglia Elena Bonetti in collaborazione con l’Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza (12-17anni). Il documento è stato approvato la scorsa settimana e sarà quindi per i prossimi anni la 'carta ufficiale' per misurare la qualità degli interventi a favore dei ragazzi. Confortante non tanto per il lungo elenco di buone prassi dettagliato in oltre 150 pagine di testo, ma per le modalità con cui sono state raccolte indicazioni e speranze. Il Piano è stato infatti messo a punto grazie al diretto contributo dei ragazzi che hanno accettato di rispondere a un lungo questionario curato dall’Istituto degli innocenti di Firenze.

I contenuti

Come detto, il nuovo Piano nazionale è un testo denso di obiettivi positivi. Non si nasconde le difficoltà ma cerca, punto dopo punto, di indicare soluzioni positive in un quadro sociale e culturale che non si può certo dire favorevole alla vita quotidiana di ragazzi e adolescenti (e delle loro famiglie). Si ricordano innanzi tutto le strategie internazionali per la promozione e la tutela dei diritti delle nuove generazioni, con l’Agenda 2030 Onu e i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Focus anche sulla strategia europea 2021-2024 e la cosiddetta Child Guarantee.

Il tema più importante è - giustamente - considerato quello dell’educazione. Un impegno in cui non ci possono essere differenze tra bambini e bambine e che deve essere sempre più inquadrato in una logica di corresponsabilità tra famiglie, scuole, studenti. L’educazione deve aiutare a crescere, prevenire condizioni di rischio, ma anche promuovere il benessere psicologico e fisico. Si può farlo - spiega ancora il Piano - rinforzando gli organici dei servizi, migliorando la formazione e aggiornando i percorsi di studio. Altro punto fondamentale quello dell’equità sociale e personale, con l’impegno rivolto a contrastare la povertà assoluta dei ragazzi e delle ragazze e rafforzare le opportunità educative per favorire l’inclusione sociale. Come farlo? Con un sistema pubblico e integrato di servizi per la cura, tutela e protezione. Perché bambini e bambine, ragazzi e ragazze devono sempre più essere messi al riparo dal rischio di abusi e maltrattamenti. Tra i punti indicati come prioritari il rafforzamento dei consultori familiari, la lotta e la prevenzione al cyber bullismo. Ma anche l’educazione all’affettività, alla sessualità e alla parità di genere D’altra parte sarebbe sbagliato considerare ragazzi e adolescenti sono 'oggetti' di un’educazione pensata in una sola direzione. Il Piano prevede nuove forme di partecipazione attiva in cui ragazzi e ragazze possano diventare 'soggetti' di una grande azione rivolta alla costruzione e al rafforzamento della comunità educante. Ecco perché è indispensabile programmare e valutare in modo costante le politiche pubbliche e migliorare la reattività dei sistemi sanitari alle condizioni di vulnerabilità.

I temi

Tra i tanti temi trattati dal Piano quelli legati alla promozione della salute materno infantile con l’obiettivo di migliorare la reattività dei sistemi sanitari e i servizi legati all’infanzia. A cominciare dai nidi, la cui diffusione deve crescere in modo significativo. Negli ultimi la crescita è stata importante (da 210 a 320mila) con un tasso di copertura del 23% della popolazione infantile, ma ancora lontano da quel 33% fissato a livello europeo. E se ci sono alcune regioni e province (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Trento) in cui più di un bambino su tre frequenta un nido (uno su quattro, cioè il 29% la media del Nord), al Sud il quadro è peggiore, visto che solo un bambino su otto (12%) frequenta il nido. D’altra parte non si può neppure ignorare il persistente decremento demografico che ha fatto perdere alle scuole dell’infanzia negli ultimi cinque anni oltre 3.100 sezioni, cioè oltre 130mila bambini.

Sempre sui temi educativi, in relazione all’impegno di diffondere progetti di educazione all’affettività e alla sessualità, il Piano ricorda l’approccio sempre più precoce al tema che caratterizza il nostri adolescenti. Non si esprimono valutazioni etiche ma ci si limita a indicare l’urgenza del problema - spesso collegato a quello delle dipendenze - citando l’ultimo rapporto internazionale Spotlight on Adolescent Health and Well-Being, pubblicato il 19 maggio 2020 dall’Ufficio regionale europeo dell’Oms. A 15 anni, secondo questo studio, il 24% dei ragazzi e il 14% delle ragazze dichiarano di aver avuto rapporti sessuali, di cui la maggioranza non protetti; il 20% dei 15enni ha già avuto un paio di esperienze drammatiche con l’alcol; oltre il 10% dei giovani dichiara di parlare più facilmente dei propri sentimenti o preoccupazioni su internet, piuttosto che in un incontro faccia a faccia.

La voce dei protagonisti

Abbiamo detto che il Piano è stato messo a punto anche grazie a un’indagine preliminare in cui è stata data voce ai ragazzi stessi. Cosa è emerso? I ragazzi hanno valutato con grande soddisfazione la possibilità di esprimersi e di venire ascoltati «in ragione del fatto che non sempre gli adulti comprendono cosa sia meglio per loro». In casa e a scuola - hanno raccontato - sono poco coinvolti nelle decisioni perché percepiti ancora troppo giovani. Eppure, si spiega ancora nell’indagine, ragazze e ragazzi hanno un’idea sufficientemente chiara dei loro diritti, in riferimento soprattutto alla prevenzione intesa come diritto a una buona salute, un’alimentazione sana, all’istruzione. L’indagine rivela anche una chiara percezione della differenza legata al genere, in termini di gap occupazionali, di salario, di reddito, di percorsi di studi. Oltre all’impegno di ragazze e ragazzi nel denunciare la presenza di comportamenti razzisti e discriminatori ai danni dei compagni più vulnerabili, come gli immigrati, quelli con diverso orientamento sessuale o appartenenti a minoranze etniche, rom e sinti.

Luciano Moia

Avvenire, 30 maggio 2021