Il governo sblocca i 500 milioni di euro già stanziati nella Legge di Stabilità 2020 per la scuola paritaria, ma quest’ultima rischia di diventare comunque un’altra vittima del coronavirus. Il via libera all’erogazione in tempi brevi ai fondi (senza le lunghe attese burocratiche che ogni anno si verificano) era una delle richieste presentate dal mondo della scuola paritaria, ma non era l’unica. Come tutte le scuole di ogni ordine e grado, anche gli istituti paritari hanno sospeso la propria attività didattica e amministrativa. Una chiusura, però, che creare non soltanto un problema organizzativo alle famiglie degli studenti iscritti, ma anche finanziario. Infatti in questo momento le famiglie - che in condizioni normali accettano di sostenere il costo della retta scolastica si trovano a sostenere questa spesa senza, però, riceverne il servizio educativo e nel contempo ne sostiene un’altra per la custodia dei figli nel caso in cui i genitori continuino a lavorare anche in queste settimane. E allo stesso tempo le scuole paritarie - che a loro volta versano in difficili condizioni economiche - non sarebbero in grado di restituire l’intera retta pagata per la mancata erogazione del servizio didattico. Se lo facessero significherebbe un colpo forse mortale all’intero sistema scolastico paritario. Nei giorni scorsi già la Federazione delle scuole materne di ispirazione cristiana (Fism) aveva lanciato l’allarme e sollevato il problema presso il governo, chiedendo, oltre allo sblocco dei fondi già stanziati, che nei decreti per sostenere il Paese e le famiglie si tenesse conto anche di questa situazione.
Proprio ieri si era aggiunta anche la voce delle scuole materne del Veneto, attraverso il responsabile scuola della regione ecclesiastica del Triveneto e del vescovo delegato, Renato Marangoni, vescovo di Belluno-Feltre. E a raccogliere questo grido d’aiuto e farsene portavoce presso il governo e la stessa Conferenza episcopale italiana (Cei) è stato il presidente dei vescovi del Triveneto, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia. Nella nota di Moraglia si parla di «evidente aggravio per tutte le famiglie che scelgono le nostre scuole, che si vedono costrette a corrispondere i contributi loro richiesti per il funzionamento della scuola e al contempo a dover impiegare risorse per servizi sostitutivi». E nello stesso tempo «la maggior parte delle nostre scuole non è in grado in questo momento di garantire riduzioni sulle quote, se non per un mese e per una piccola percentuale legata al risparmio delle derrate e sulle utenze, poca cosa rispetto alle reali esigenze».
Ecco allora che dalle materne del Triveneto (con 84mila iscritti divisi nelle 1.128 scuole, che rappresentano i due terzi della popolazione tra i 3 e 6 anni d’età, e 7mila dipendenti a cui si affiancano anche quattromila volontari) e dalla Federazione nazionale della Fism si alza forte la richiesta che si intervenga a sostegno delle famiglie in primo luogo (magari, «istituendo da parte della Cei di un fondo a sostegno dei nuclei familiari che usufruiscono del servizio delle nostre scuole» scrive nella sua nota il patriarca Francesco Moraglia a nome dei vescovi di Triveneto), senza dimenticare, sottolinea a sua volta la Federazione nazionale Fism, le scuole paritarie «prevedendo contributi straordinari e l’estensione degli ammortizzatori sociali a tutte le scuole dell’infanzia paritarie e ai servizi educativi su tutto il territorio nazionale; l’azzeramento delle imposte a carico degli enti non profit che esercitano la funzione pubblica di istruzione nell’ambito del sistema nazionale integrato di educazione e istruzione». Insomma una situazione di grande preoccupazione, che lo sblocco dei 500 milioni di euro già stanziati, riduce solo in minima parte.
Enrico Lenzi
Avvenire, 17 marzo 2020