UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Io, mamma-rettrice e questa Italia da modernizzare con il cuore»

Giovanna Iannantuoni, rettrice della Bicocca: troppi stereotipi limitano la libertà femminile
30 Maggio 2020

«Sono una mamma-rettrice. Prima mamma, e poi rettrice»: si presenta così Giovanna Iannantuoni, dal 2019 alla guida dell’Università Bicocca di Milano dopo un’altra donna. Economista con un lungo elenco di incarichi e di pubblicazioni scientifiche, in questa conversazione con Avvenire parla di sé e delle donne, di come sia tempo, in Italia, di una leadership al femminile, capace di modernizzare il Paese tenendo insieme la sua anima. E in bocca alla giovane rettrice, sorridente e determinata, la parola «potere» assume un significato bello: potere per cambiare la società, potere per creare un mondo più giusto per le bambine come sua figlia Chiara che ha 8 anni e sogna di fare l’astronauta. In modo che nessuna donna sia più costretta a scegliere tra lavoro e famiglia. Un augurio che vale soprattutto per la fase post-pandemia, in cui sono proprio le lavoratrici, con la loro massiccia presenza nei settori del terziario e della cura alla persona, a rischiare di più.

Rettrice Iannantuoni, la fase 2 e, ancora più, la fase 3 preoccupano: si teme che saranno penalizzate soprattutto le donne. Lei come la vede?

Il 72 per cento di chi è tornato al lavoro dopo il 4 maggio sono uomini. Nei prossimi mesi aumenteranno le disuguaglianze sociali e, quando ciò accade, uno dei parametri che peggiora di conseguenza è il gender gap (il divario tra uomini e donne rispetto a diversi indicatori, tra cui salari e occupazione, ndr). Dobbiamo mettere in campo tutte le politiche necessarie perché ciò non accada. L’Italia è tra i Paesi europei con il tasso di occupazione femminile più basso. Il 50% delle donne con bambini in età scolare esce dal mondo del lavoro. È una cosa che va cambiata: le donne non siano più messe nella condizione di dover scegliere tra famiglie e lavoro.

Nelle varie task force di esperti di cui si è avvalso il governo per affrontare l’emergenza, il numero delle donne è decisamente inferiore a quello degli uomini. Perché questa esclusione?

Perché quello in cui viviamo è un mondo di uomini fatto per gli uomini. Non c’è dubbio: nel nostro Paese gli uomini preferiscono lavorare con colleghi maschi. Mi piace dire che quando invece saremo governati da donne, avremo un mondo governato da donne ma per tutti, donne e uomini.

C’è chi dice che si fatica a trovare donne rappresentative nei vari settori e in particolare in quelli tecnico-scientifici. Ma è vero?

No, non è vero. Noi ci siamo, dappertutto, con professionalità uguali a quelle degli uomini: ci siamo negli ospedali, ci sono virologhe, epidemiologhe, microbiologhe, sociologhe, economiste, prefette e poliziotte… La presenza femminile di qualità è ovunque, ma non abbiamo un riconoscimento perché c’è difficoltà a capire e accettare che una donna può avere ruolo di leadership. Nel nostro Paese esistono retaggi culturali sbagliati.

Come si superano i retaggi culturali?

Noi donne siamo pronte, gli uomini un po’ meno. Dobbiamo educare i nostri figli maschi. Guardi cosa succede nei dibattiti televisivi: sulle ospiti donne (quando ci sono) si fanno commenti sul fisico o l’abbigliamento, sugli uomini no. Per quanto mi riguarda, ho notato che quando ho deciso

di candidarmi alla carica di rettrice, mi dicevano che ero 'ambiziosa'. Dei miei concorrenti invece che erano 'competenti'...

E dunque, lei è ambiziosa?

La risposta è sì, sono una donna ambiziosa. Ma sa qual è la mia ambizione? Quella di cambiare l’approccio culturale intorno a me. Di dimostrare che noi donne non dobbiamo rinunciare a nulla per arrivare dove vogliamo. Possiamo essere madri e in carriera.

Lei è una delle 5 donne su 80 rettori. Una donna di potere, come ce ne sono poche in Italia. È il potere che rifiuta le donne o le donne che rifiutano il potere?

Il potere ci mette in difficoltà perché non siamo abituate. Per quanto mi riguarda, ho imparato a non temere i commenti negativi e le critiche e a non lasciarmi frenare dalla paura di non farcela. Perché una volta conquistato, noi donne il potere lo possiamo leggere nella sua verità: la possibilità di testimoniare quello in cui crediamo e di cambiare la società.

Pensa che sia tempo di leadership al femminile?

Penso che possa rappresentare il cambiamento culturale di cui il nostro Paese ha bisogno. L’Italia ha necessità di essere modernizzata, ma tenendo insieme la sua anima, che è quella della famiglia e della vita comunitaria. E noi donne lo possiamo fare, perché siamo abituate a fare tante cose insieme. Dobbiamo però agire sui modelli culturali che si insegnano in famiglia, per cui il maschio è 'intelligente' e la femmina 'carina'. Dobbiamo educare le nostre bambine a sogni che non siano stereotipati, senza che rinuncino mai ad essere femmine, che è un privilegio meraviglioso. Gli stereotipi sono immorali e il loro frutto è che nella vita sociale e nel mercato del lavoro le donne sono sottoposte a limiti nella loro carriera e nelle loro libertà. Tutto questo non dovrebbe lasciarci indifferenti. E il fatto che molte donne non ricevano riconoscimento delle loro qualità e competenza è inefficiente anche per la società: se vanno avanti i peggiori e non i migliori, si perpetuano le inefficienze.

Antonella Mariani

Avvenire, 30 maggio 2020