L’istruzione come investimento per la crescita, lo sviluppo e la riduzione delle disuguaglianze: un tema poco trattato dagli economisti, salvo poche rilevanti eccezioni. Tra questi il premio Nobel olandese Jan Tinbergen che ha dimostrato come quanto più diffusa è l’istruzione a livello elevato e tanto minori sono le diseguaglianze di reddito. L’istruzione risulta anche un importante fattore di mobilità sociale e quindi di libertà e democrazia. La regressione della professione dei figli su quella dei padri si riduce e diminuisce quindi la rigidità dell’appartenenza alle diverse classi sociali, mettendo in discussione la visione marxiana della società. Più di recente, gli studi di Paul Romer, premio Nobel per l’economia nel 2018, hanno mostrato come il capitale umano e le spese di ricerca e sviluppo sono cruciali per la crescita e diventa quindi cruciale l’istruzione come investimento.
Nel lungo periodo, la crescita della produttività spiega quasi tutto e determina l’aumento del reddito pro capite e in parte minore, ma crescente, la diminuzione della durata del tempo del lavoro. Purtroppo il nostro Paese si colloca al penultimo posto per quota percentuale di laureati tra i 25 e i 34 anni. Si tratta di meno del 27% rispetto alla media dell’Unione europea a 27 Paesi del 42%.
Questa quota negli ultimi anni è rimasta praticamente invariata, di fronte all’obiettivo europeo del 45% entro il 2030. Guardando ai territori, il Sud risulta il più svantaggiato con il 21%, rispetto al 30% del Centro e del Nord. Il divario con l’Europa è più marcato per gli uomini rispetto alle donne con il 20 e il 33% rispettivamente. In questa situazione di svantaggio registriamo un paradosso: quasi il 10% dei laureati sceglie di lavorare all’estero. Tra le ragioni delle partenze spiccano le migliori opportunità, le prospettive di carriera e la variabile retributiva. A un anno dal conseguimento del titolo di studio, la retribuzione è del 40% più alta rispetto all’Italia.
L’evidenza empirica disponibile mostra che le imprese manifatturiere con più alta incidenza dei laureati sugli occupati realizzano un più elevata produttività del lavoro, una maggiore incidenza delle spese in ricerca e sviluppo sul fatturato, una più elevata propensione all’esportazione e una maggiore redditività operativa.
Il costo dell’istruzione universitaria è decisamente più basso in Europa e in Italia rispetto ad, esempio, agli Stati Uniti, dove la frequenza nelle migliori università costa circa 90mila euro all’anno. Per un corso di cinque anni ci si avvicina pertanto ai 500mila dollari, una somma paragonabile in Europa e in Italia ad un investimento immobiliare. Data l’entità dell’investimento per laurearsi, negli Usa è normale l’assunzione di prestiti per lo studio che verranno poi rimborsati nel successivo periodo di lavoro. Il rendimento interno dell’investimento in istruzione deve essere pertanto abbastanza elevato da superare il tasso di interesse dei prestiti per lo studio, tenuto conto dei redditi non guadagnati durante gli anni dell’Università. In effetti, la tipologia e la remunerazione del lavoro conseguibili con una laurea nelle migliori università americane non hanno paragoni rispetto alle istruzioni di tipo inferiore. Ma in Italia i problemi della formazione universitaria sono tutto sommato ancora diversi da quelli delle tasse di frequenza, non così elevate, ma altri, come ad esempio la difficoltà di reperire un alloggio e il suo costo.
Esiste insomma una forte relazione tra progresso scientifico e tecnico e istruzione necessaria per realizzarlo. Se il progresso scientifico e tecnico è il motore dello sviluppo economico, secondo l’insegnamento del grande economista austriaco Joseph Schumpeter, ecco la relazione triangolare con l’istruzione ai più alti livelli: progresso scientifico e tecnico, istruzione, sviluppo economico, più equa distribuzione del reddito.
L’istruzione è il grande investimento per il futuro di un Paese e consente di ridurre le disuguaglianze, come fa intendere lo spirito della nostra Costituzione. È indispensabile per questo sostenere con vari mezzi i giovani più meritevoli ma sprovvisti di risorse economiche, per la costruzione di un mondo migliore.
Giovanni Scanagatta, Professore di Politica economica e monetaria all’Università di Roma “La Sapienza”
Stefano Sylos Labini, Gruppo Moneta Fiscale
Avvenire, 13 settembre 2024