UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

In classe a volto coperto

L’«accanimento» inutile ai danni dei più piccoli
25 Agosto 2021

I dubbi sono finiti. Dai documenti del Ministero, sappiamo che la scuola ripartirà a settembre esattamente nello stesso modo in cui è terminato l’anno scolastico agli inizi di giugno. Lo si può riassumere così: distanziamento; mascherine per tutti gli alunni dalla prima elementare in poi e mascherine a tutti gli insegnanti; areazione delle aule; igienizzazione sistematica delle mani e orari di ingresso dilazionati.

Una novità semmai, se sarà confermata, risulta la sostanziale riduzione delle cosiddette classi pollaio nella Secondaria di Secondo grado, dove il problema permane, mentre è decisamente irrilevante nella Primaria e poco rilevante nella Secondaria di Primo grado. La domanda che sorge spontanea è come mai la vaccinazione e il Green pass hanno cambiato in meglio la vita sociale – basti pensare alle attività sportive, culturali e ricreative – ma la stessa cosa non può dirsi per la scuola che resta esattamente nelle identiche condizioni dell’anno precedente. A cosa serve la vaccinazione se a scuola tutto resta come prima? Peraltro i dati sui contagi degli alunni subirono la scorsa primavera una riconsiderazione da parte del gruppo dell’epidemiologa italiana Sara Gandini. La sua ricerca mise in luce come le scuole non sono fossero state un motore della diffusione del virus durante la seconda ondata e come i contagi nelle scuole accadessero molto raramente. E comunque nei bambini e anche nei ragazzi il contagio rarissimamente si trasforma in morbilità.

Una riflessione pedagogica merita pertanto la controversa questione della mascherina a scuola. Nei mesi di settembre e ottobre dello scorso anno scolastico non era prevista alla Primaria per evitare ai bambini un sacrificio così prolungato nel tempo, in genere 8 ore al giorno. Dal novembre 2020 sulla base di un ragionamento puramente estensivo, in assenza di dati particolari e senza alcuna analoga politica europea, gli alunni italiani dai 6 anni vennero obbligati al suo uso sistematico al banco pur nella permanenza di un distanziamento significativo. La decisione si giustifica poco con le analoghe situazioni al ristorante o nei bar dove la posizione statica non prevede l’utilizzo di questi dispositivi protettivi. Visto che la scuola è un ambiente molto presidiato dal punto di vista della sicurezza sanitaria, non si capisce perché debba avere una restrizione addirittura superiore ai bar e ai ristoranti.

Resta la sensazione che gli alunni subiscano un particolare accanimento in relazione al loro scarso peso politico ed elettorale. Se la scuola è una comunità sociale di apprendimento, se la scuola è un luogo dove si creano relazioni sia verticali fra insegnante e i suoi alunni che orizzontali fra gli alunni stessi e che queste relazioni sono generative e maieutiche per il lavoro scolastico e il corrispondente apprendimento, una vera relazione si basa sulla disponibilità del proprio volto. Il volto da sempre rappresenta la forma di immedesimazione empatica di reciprocità, di scambio, di comunicazione. Ne sanno qualcosa le mamme a cui la natura sottopone il sorriso disarmante del neonato proprio per attivare le strutture neuronali corrispondenti all’accudimento. La mascherina sottrae la possibilità del sorriso, del passaggio di emozioni che solo il volto riesce a trasmettere e impedisce un ascolto basato sulla struttura organica e integrale della faccia come elemento che caratterizza la nostra stessa umanità. La mascherina crea impedimenti comunicativi ed empatici con gravi ripercussioni sulla costruzione di una vera comunità scolastica. Non solo la Dad non è vera scuola, ma neanche la scuola con la mascherina è vera scuola.

Le proposte non mancano. Per prima cosa evitare la mascherina per tutto il corso dell’infanzia che arriva fino ai 10, 11 anni, ossia alla conclusione della Primaria. Così come ai Nidi e alle Scuole dell’Infanzia non sono previste, vanno abolite anche lì. Il contrario resta un mistero assoluto: che abbiano 5 anni o 7 anni cosa cambia? Per gli alunni più grandi, si può stabilire di usarle solo in particolari circostanze, come le attività di lavoro comune, a gruppi o in insegnamento reciproco. Liberare i bambini da questa incombenza e ridurne l’uso nei gradi scolastici successivi, rappresenta un modo per restituire motivazione ad alunni sempre più arrabbiati che in realtà vogliono solo riappropriarsi della scuola come spazio di incontro e di apprendimento.

Daniele Novara, Pedagogista

Avvenire, 25 agosto 2021