La vita di uno studente universitario fuori sede è una condizione spesso poco considerata nei suoi effetti a breve e a lungo termine. Si parte con due valigie: una piena delle esperienze già fatte e dei propri affetti, e l’altra vuota, pronta a diventare bagaglio di inatteso e di altro: lo immagina così una delle vignette di Lele Corvi nel nuovo libro di Mauro Canta, Vangelo per fuori sede (Effatà editrice, 95 pp, 11 euro).
«Fuori sede suona un po’ come fuori posto» esordisce l’assistente diocesano del Settore giovani di Azione cattolica e dell’Ucim, parroco a Cisterna d’Asti e Ferrero, già autore di Vangelo per fuori corso. E offre agli studenti un libello agile che fra la lettura della Parola, brevi esegesi da meditare e pagine libere per «accendere la mente» così da accendere anche «il cuore e l’anima», diventa una bussola per chi si ritrova in una nuova città, in una casa diversa, su una barca sconosciuta. «Quando hai deciso di partire da casa e andare a studiare fuori sede hai risposto a una chiamata» scrive il sacerdote astigiano, «ci si deve in qualche modo buttare e fidare».
Durante le presentazioni del libro qualcuno ha fatto notare a don Canta che il libro, che si porta facilmente sempre con sé, è utile a tutta l’ampia la categoria di chi ha dovuto allontanarsi dalle proprie radici e dalla comunità in cui è cresciuto, e che comprende anche i lavoratori e gli stranieri. «Tutti ci sentiamo pellegrini - per dirlo con le parole di papa Francesco agli universitari durante la Gmg di Lisbona, riprese da don Mauro -. Nel termine pellegrino vediamo rispecchiata la condizione umana, perché ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre». Giovanni Paolo II, ricordato nel libro, nel discorso agli universitari di Bologna nel 1988 riconobbe loro i «sacrifici» della vita da studente fuori sede, spesso marcati dalle ristrettezze economiche.
Per comprendere la loro condizione, il sacerdote ha ascoltato a lungo i racconti di tanti studenti, chi all’inizio del percorso, chi alla fine, chi all’estero. E così ha individuato le tematiche che tornano in tutte le storie vissute: il partire (e tornare), trovare la strada giusta, accogliere la novità... E ancora, trovare il tempo per gli amici, per la famiglia, per gli affetti. «C’è il rischio di sentirsi divisi fra due vite». Possono, anche, nascere paragoni tra le due realtà, quella di provenienza e quella di arrivo. Può accadere di non sentirsi più parte del mondo che ci ha cresciuti, fino alla maturità.
«Capitò anche a Gesù, tornando a Nazareth, di non essere riconosciuto, ma lui ha continuato la sua missione fra gli abitanti e li ha amati senza la pretesa di cambiarli». Aggiunge don Canta. Che dedica il libro alla nonna. «Io non sono mai stato un vero fuori sede, perché il seminario che non era molto lontano è per molti aspetti una seconda casa». Ma quando tornava a casa il fine settimana, nonna Delfina gli ha insegnato a «ringraziare ogni volta che entravo a casa sua da “fuori sede”». Chi torna ai suoi luoghi dopo un po’ di tempo lo sa: i volti, i panorami, i colori emozionano sempre. «Dio ci lascia liberi di partire - dice ai giovani don Mauro - ma sempre gioisce quando torniamo a casa».
Annalisa Guglielmino
Avvenire, 6 novembre 2024