Studiare argomenti complessi come aborto ed eutanasia per poi parlarne ai coetanei. È la proposta di Universitari per la vita, un gruppo di giovani nato nei corridoi degli atenei romani da un’idea di Chiara Chiessi, 25 anni, che ne è la portavoce. «Tre anni fa – spiega – ho partecipato alla marcia per la vita di Roma. C’erano giovani medici e infermieri ma non semplici studenti, così con alcuni amici ho cominciato a volantinare nelle università della città per creare un gruppo che s’interessasse di bioetica». Oggi nella capitale il movimento conta una ventina di giovani che organizzano aperitivi a tema e incontri di testimonianza in scuole e parrocchie. «Ai ragazzi offriamo esperienze dirette. Una di noi, per esempio, ha scelto di portare a termine la gravidanza nonostante le pressioni della famiglia e oggi racconta la sua storia con in braccio la sua bambina». Altri nuclei –per un totale di un centinaio di aderenti – sono sorti negli atenei di Verona, Pisa, Padova, Foggia e Venezia, mentre a Bologna e Roma sono nati due gruppi di liceali per la vita. Ognuno organizza la propria attività in modo autonomo ma tutti
(indipendentemente dal credo religioso, visto che c’è anche chi si professa ateo) si riconoscono nello stesso manifesto. A chi le chiede come facciano dei giovani a essere credibili su temi così articolati Chiara risponde che Universitari per la vita punta sulla formazione. «Studiamo testi scientifici, ascoltiamo esperti e poi forniamo ad altri gli strumenti per approfondire condividendo materiale online. Quando abbiamo cominciato ci siamo accorti che c’era disinformazione, un’apatia generale sul problema. Oggi c’è più interesse ma il confronto con chi la pensa diversamente resta difficile». (Ilaria Beretta)
Ha iniziato a frequentare il Movit, il gruppo universitari del Movimento per la Vita (MpV), a Firenze, una decina di anni fa, trascinato dal suo migliore amico. Pian piano, però si è appassionato alle tematiche affrontate ed è stato contagiato soprattutto dalla «bellezza e dalla ricchezza dell’Equipe giovani» tanto da decidere di farne parte a pieno titolo perché convinto «della possibilità di poter ricevere molto, ma anche di potersi spendere». Dallo scorso febbraio, Giuseppe Maria Forni, 30 anni, di Modena, ne è divenuto anche responsabile nazionale, insieme a Greta Gregoratti.
A motivare il suo impegno, condiviso «con persone davvero speciali», è «l’amore per la verità». «In un momento in cui essa è condannata, è bello battersi per ciò che è vero», spiega Giuseppe Maria, laureato in scienze politiche e imprenditore agricolo. Certo, parlare di questioni bioetiche, come ad esempio l’aborto, l’eutanasia, la contraccezione, le sperimentazioni scientifiche o le politiche demografiche con coetanei, moltissimi dei quali lontani dal mondo ecclesiale, non è facile «perché spesso non hanno voglia di mettersi in discussione o perché tendono ad eliminare questi argomenti dal loro orizzonte». Eppure, racconta, «con il confronto, a volte vivace, e un coinvolgimento emotivo, si può costruire qualcosa, instillare dei dubbi, renderli cioè curiosi di approfondire e desiderosi di formarsi un’idea propria anziché accontentarsi di
accettare paradigmi senza ragionare ». L’obiettivo dei giovani ’prolife’ è proprio quello di 'stimolare a riflettere'. «Tanto meglio - aggiunge il responsabile nazionale - se poi si riesce a far capire la bellezza e il valore della vita è un passo successivo».
Ecco allora che l’Equipe, oltre a coordinare le attività dei gruppi a livello regionale, organizza tre appuntamenti: i Seminari 'Quarenghi' primaverile ed estivo, che uniscono alta formazione e svago e sono rivolti ai ragazzi tra i 16 e i 35 anni, e il concorso scolastico per gli studenti delle superiori e delle università che ha per premio un viaggio a Strasburgo con la visita alle principali Istituzioni europee e la simulazione di una seduta parlamentare. Esperienze arricchenti che offrono l’occasione di dialogare, guardare da un’altra prospettiva, oltre che testimoniare ed impegnarsi. (Stefania Careddu)
Avvenire, 29 gennaio 2020