UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Il ritorno dei giovani in città. L’università apre al futuro»

Intervista al rettore dell’Università di Macerata, Francesco Adornato
9 Ottobre 2020

Il 15 ottobre prossimo l’Università di Macerata festeggerà col presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 730° anniversario della Fondazione. Sarà l’occasione per un bilancio pubblico, che il rettore Francesco Adornato anticipa in questa intervista ad 'Avvenire' che riflette a 360 gradi sul rapporto tra formazione universitaria, nuove generazioni, dimensione comunitaria. L’ateneo conta circa 12mila studenti, 5 Dipartimenti (Economia e diritto, Giurisprudenza, Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo, Scienze politiche, della comunicazione e delle relazioni internazionali, Studi umanistici - lingue, mediazione, storia, lettere, filosofia), 3 Scuole di specializzazione, 11 Corsi di laurea triennale, 15 Corsi di laurea magistrale, 2 Corsi di laurea a ciclo unico, la Scuola di studi superiori e la Cattedra Giacomo Leopardi, una Scuola di dottorato.

La provincia di Macerata è quella che dai terremoti del 2016 ha patito più danni e ha avuto più sfollati, anche se nessuna vita umana è andata perduta. A quattro anni di distanza la ricostruzione comincia appena ora a muovere i primi passi significativi. In questo quadro, aggravato dalla pandemia, l’Università del capoluogo si accinge a festeggiare col presidente della Repubblica, il prossimo 15 ottobre, il 730° anniversario della sua fondazione. Francesco Adornato è rettore dell’Università di Macerata dal 1° novembre 2016, appena due giorni dopo la micidiale scossa di magnitudo 6,5.

Come arrivate al traguardo dei 730 anni?

Con una forte voglia di fare. In questi anni ci ha sostenuto la fiducia di tanti giovani che l’hanno scelta, proiettati a una cittadinanza globale, accompagnata da una mente multiculturale e interculturale. Vogliamo incrociare le etnie, i linguaggi, i volti, le esperienze, i saperi di chi arriva dall’Italia, dall’Europa, dal mondo.

Il terremoto, però, continua a pesare...

Sì, ma non ci siamo arresi; nonostante il sisma ci abbia lasciato 8mila metri quadrati di spazi inagibili, tra i quali luoghi simbolo quali l’Aula magna, l’antica biblioteca, l’auditorium San Paolo, abbiamo reagito facendo affidamento sulle nostre risorse e sulle energie che ci vengono da un forte spirito di appartenenza a un ateneo e a una città che sono anche – me lo lasci dire – comunità.

Ora i giovani sono tornati...

È stata una scommessa e una preoccupazione, e invece i giovani sono tornati davvero. Il segnale della volontà di archiviare il distanziamento fisico lo abbiamo colto il 9, 10, 11 settembre quando abbiamo consegnato in piazza le pergamene a circa 1.000 studenti che si erano laureati a distanza nei mesi precedenti.

Una festa per loro ma anche per l’intera città...

Sì. Quel gesto ha dato alla città il segnale che c’era un’energia che voleva prorompere. E adesso le iscrizioni vanno oltre ogni nostra aspettativa. In questi anni, nonostante il terremoto e i fatti drammatici del 2018 riassunti nel nome della povera Pamela, abbiamo peraltro sempre superato i 10.000 studenti, di cui 600 internazionali, e coi corsi postlaurea e i dottorati sfioriamo i 12.000. Gli ultimi dati mostrano un +8,76% di immatricolazioni rispetto alla pari data del 2019.

Un risultato che convalida il motto della campagna per le iscrizioni: 'Futuro prossimo'.

'Futuro prossimo' trasmette l’idea che i luoghi accademici, considerati finora appartati, distanti, possano tornare punto di riferimento per la comunità civile e per i territori circostanti. L’idea di accoglienza che proponiamo viene percepita come risposta credibile al bisogno di vicinanza oggi tanto avvertito.

Il 15 ottobre sarà qui il presidente Mattarella...

Ringrazio il presidente della Repubblica per la generosità dimostrata. Per noi sarà un’iniezione di fiducia. È il rappresentante più autorevole e coerente della coesione del Paese, custode rigoroso della nostra sovrana Costituzione, testimone di un’Italia etica, virtuosa, solidale, quell’umile Italia – uso un’espressione del presidente che viene da Dante – per cui vale la pena di impegnarsi e combattere.

È di pochi giorni fa la sua nomina a segretario generale della Conferenza dei rettori delle università italiane nella quale è anche referente del Gruppo sulle Aree interne. Cosa rileva da questo osservatorio?

Io penso che le università delle aree interne debbano credere in se stesse, nella possibilità di produrre idee, processi, innovazioni. Le quattro università delle Marche (Macerata, Urbino, Camerino e la Politecnica di Ancona, ndr), dovrebbero sviluppare processi di aggregazione se non addirittura federativi, ponendosi il problema di una sostenibilità complessiva del territorio che includa la sostenibilità universitaria. Cesare Pavese ne 'La luna e i falò' scriveva che «un paese ci vuole», ma un paese come segno di un’appartenenza e non residuo di borghi sempre più disabitati e isolati. Vanno recuperati i servizi intermedi; le Università servono a sviluppare pensiero, le imprese a intervenire, le istituzioni a guidare, il volontariato ad animare processi che attraverso la sussidiarietà mostrino come sia possibile risalire, risorgere, ricostruire. Il nostro problema è in noi, innanzitutto.

Piero Chinellato

Avvenire, 9 ottobre 2020