UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il progetto delle aziende che ‘adottano’ le scuole

A Lumezzane (Brescia) l’Istituto tecnico Primo Levi rinnova il concetto di alternanza scuola-lavoro
2 Dicembre 2021

Che legame può esserci tra un laboratorio di ultima generazione e il calo demografico di una valle? Quale correlazione tra la formazione dei docenti di un istituto tecnico e l’impegno di singoli imprenditori, amministrazione comunale, associazioni di categoria per difendere il diritto alla famiglia?

Il nesso è molto più stretto di quanto si immagini. Siamo in provincia di Brescia, a Lumezzane, un tempo applaudita con l’epiteto 'la Valle dell’oro', tra i più grandi distretti industriali d’Europa. Fino a pochi anni fa 25mila abitanti e 2mila tra aziende e partite iva. Una cittadina disagevole dal punto di vista orografico e urbanistico, un aspirato dialetto impronunciabile per gli stessi bresciani, la vocazione al lavoro, alla famiglia e al volontariato come roccheforti di lunghe generazioni.

Negli anni, il dramma della denatalità che si fa mordace non esenta Lumezzane e in aggiunta molti studenti compiono una migrazione culturale. Ora l’idea. Una di quelle capaci di rivoluzionare il concetto di scuola lavoro, fino ad oggi visto in chiave di 'moto a luogo': i ragazzi che, per un po’ di tempo, smettono di far lezione per varcare i cancelli delle aziende. Qui siamo al capovolgimento del concetto, al 'moto da', una innovazione, non inferiore alle tante partorite dall’estro degli artigiani poi diventati grandi imprenditori. Qui sono le aziende ad entrare nella scuola. No, non con il classico incontro con l’imprenditore che esterna il discorso ieratico di circostanza per un paio d’ore. Qui siamo di fronte a un progetto fortemente strutturato e sul quale moltissimo si è investito a livello economico e di comunicazione alla cittadinanza stretta e non solo.

L’idea di base è quella di consentire ai ragazzi che lo desiderano, usciti dall’Istituto tecnico Primo Levi di Lumezzane, di potersi sposare, accendere un mutuo, poter avere figli, emendarsi dalla famiglia e realizzare la propria vocazione. Il primo scoglio è sempre quello di poter mostra- re una attrattiva verso i datori di lavoro, dimostrare di essere pronti ad operare o perfezionabili in tempi ragionevoli. È evidente, infatti, una scollatura tra l’otium predicato nelle aule e il negotium praticato poi nelle fabbriche, nelle officine. E se il dilemma: 'Impariamo per la scuola o per la vita?' non è mai stato risolto, ecco che un incentivo a coniugare i due aspetti arriva proprio da questa realtà.

Gli imprenditori lumezzanesi investono quotidianamente in ricerca e sviluppo e hanno trovato ingiusto che la scuola non possa permettersi di preparare personale sufficientemente perito per le innovazioni in continua evoluzione. I valgobbini, è risaputo, non attendono bandi, carte bollate, istanze evase, si accomodano intorno a un tavolo e bilanciano sogni e bisogni con i costi. Ecco una scuola 'adottata', non nel senso proverbiale, paternalista, ma empiricamente fattivo. Materiali e manodopera ed ecco il volto nuovo di un istituto all’avanguardia. Non promesse, dunque, ma premesse, già in fieri grazie alle molteplici realtà che si stanno prodigando dall’acquisto di nuove licenze per i programmi fino al posizionamento della fibra, passando per i pannelli attrezzati per la didattica pneumatica, elettronica, meccatronica, oltre che l’impianto di distribuzione di aria compressa e relativo compressore.

Innanzitutto i laboratori, come quelli sopra descritti ed altri, dal CAD a quello di energia, erano, come quasi tutti in Italia, il risultato di acquisti spesso datati decenni precedenti, quando non del tutto assenti, e in ogni caso del tutto inadatti, anzi, per molti versi addirittura controproducenti con le esigenze odierne, proprio perché instillavano una mentalità lontana e non applicabile, sarebbe come insegnare a macchina e poi pretendere che il diplomato padroneggi un personal computer. In seconda istanza ci sono i docenti, anch’essi spesso formatisi decenni prima e non sempre aggiornati secondo i crismi più attuali. Ma attenzione: tutto questo avviene non con la spocchia boriosa di chi pretende di intervenire a gamba tesa, al contrario: vengono rispettati alla lettera tutti i programmi ministeriali (la scuola è pubblica e non ha alcun costo per lo studente) il perimetro tracciato è quello di tutti gli istituti, semplicemente viene offerto, come in un ideale software, la versione più aggiornata.

Contra facta non datur argumenta: i dati sono chiarissimi, il 44,4% delle opportunità lavorative del territorio sono rivolte a giovani con competenze quali quelle fornite dal nuovo IIS. Di più: le richieste d’impiego da parte delle aziende del territorio sono superiori alle candidature non adeguate ai ruoli necessari. Tutti gli autorevoli protagonisti di questo progetto: da Confindustria Brescia ad Apindustria, dalla Fondazione Castelli alla fondazione della comunità Bresciana, passando per la Provincia, il Comune, la Comunità Montana, la Confartigianato, l’Associazione Artigiani, e naturalmente lo stesso istituto Primo Levi unitamente, questo è significativo, a tante aziende non affiliate a nessuna associazione, di propria sponte, si sono conviti che se da un lato sia fondamentale assecondare le inclinazioni, le propensioni, le sensibilità dei ragazzi nella scelta della scuola superiore, dall’altro è fondamentale che sia concessa - a chi opta per una scuola professionalizzante - l’opportunità di orizzontarsi in una struttura capace di teorizzare la pratica e praticare la teoria in modo spendibile e rispondente ai parametri attuali. Si parla spesso di formazione permanente, di formazione interna, tralasciando, colpevolmente, quelle fondamenta educative, formative e conoscitive che consentono in primis ai ragazzi di percepire l’utilità e una finalità tangibile del proprio impegno.

Forse non ci si pensa, ma l’85% delle professioni lavorative del 2030 ad oggi non esistono. La scuola è questo: non solo capacità di immaginare il futuro, ma essere in grado di intuirlo, di progettarlo. Di realizzarlo.

Matteo Salvati

Avvenire, 1 dicembre 2021