UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il plauso dei papi a Maria Montessori

Il primo fu Pio X, nonostante la temperie modernista
18 Settembre 2020

Cinquant’anni fa, il 17 settembre 1970, Paolo VI teneva un discorso ai partecipanti a un importante congresso montessoriano, in occasione del centenario della nascita della grande educatrice italiana: si tratta della più organica riflessione di un pontefice romano sulla figura della Montessori e sulla sua opera educativa. In realtà, la Dottoressa, nella sua lunga vita, ebbe rapporti anche con altri papi: eppure questo aspetto della sua biografia non è stato finora approfondito dagli studiosi.

Nata nelle Marche nel 1870, dunque durante il pontificato di Pio IX, Montessori si trasferì presto a Roma con la famiglia. Negli anni di Leone XIII si ebbero poi i suoi studi, la laurea in medicina e la sua prima notorietà. Ella non ebbe contatti con papa Pecci, ma ci fu invece un certo rapporto col marchigiano cardinal Svampa, una delle figure più colte e sensibili dell’episcopato italiano del tempo e di «spirito leonino».

Aperta a Roma, nel 1907, la prima “Casa dei bambini”, la Dottoressa fu vicina a monsignor Faberi, prelato frequentatore dei circoli modernisti della Capitale, ma anche influente personalità del Vicariato, apprezzata da Pio X. E, probabilmente per la mediazione di Faberi, Pio X rispose nel 1911, con un biglietto benedicente, ai piccoli della Casa dei bambini, che gli avevano mandato gli auguri pasquali, e «alla loro diletta maestra, colle più sincere congratulazioni».

L’accendersi della polemica antimodernista, peraltro, lambì anche la Montessori, che, pur non occupandosi di teologia, mostrava una religiosità aperta ed era apprezzata dagli esponenti del rinnovamento religioso. Ma subito dopo, con Benedetto XV, che mise fine ai furori antimodernisti e propose una pastorale moderna, si ebbe una prima valutazione positiva esplicita del metodo pedagogico montessoriano da parte di un papa. Benedetto XV inviò infatti nel 1918 alla Dottoressa il suo ritratto con una benedizione autografa, molto significativa, che fu riprodotta nella nuova edizione del libro sul Metodo: «La benedizione apostolica (…) sia pegno di quelle grazie e di quei celesti favori che auguriamo per rendere fecondo di bene “Il Metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei bambini”». In quel periodo, del resto, si ebbero le prime applicazioni del montessorismo all’educazione religiosa e i primi libri della Montessori su tale argomento.

Anche il giovane don Montini, in quegli anni (e nei primi del pontificato successivo), quando si trasferì a Roma, manifestò interesse per Montessori. E tuttavia una certa soluzione di continuità si ebbe con Pio XI, probabilmente per l’incisiva influenza che esercitò sul papa il francescano psicologo Agostino Gemelli, fondatore dell’Università cattolica e divenuto acerrimo antimontessoriano. Nella Divini Illius Magistri (1929), l’enciclica di Pio XI sull’educazione, la Montessori non era citata: ma nell’esplicita e netta condanna del naturalismo pedagogico, molti cattolici (in prima fila gli ambienti legati a padre Gemelli) vi videro una censura anche del metodo Montessori. Così, mentre, per le sue posizioni favorevoli alla libertà e alla pace, la Dottoressa doveva abbandonare l’Italia fascista, i cattolici abbracciavano, nel campo dell’educazione dell’infanzia, il metodo delle sorelle Rosa e Carolina Agazzi.

Nel 1939, con l’avvento al soglio pontificio di Pio XII, che aveva in Montini il suo braccio destro, la situazione mutava. Subito dopo l’elezione di Pacelli, la Dottoressa pubblicò in Olanda, dove allora viveva, il libro Dio e il bambino, in cui la sua sensibilità di fede si manifestava chiaramente e in cui erano riassunte le sue indicazioni sull’educazione religiosa. In quell’anno Montessori si recò in India: lo scoppio della seconda guerra mondiale la costrinse a rimanere in quel Paese fino alla fine del conflitto. Dopo la cessazione delle ostilità, e dunque dopo la caduta del fascismo, ricostituitasi l’Opera Montessori, con alla testa la cattolica Maria Jervolino, Maria Montessori fu in Italia nel 1947. Si ebbe allora un episodio significativo ma tenuto riservato. Per l’intervento di madre Luigia Tincani, fondatrice delle Missionarie della scuola e ammiratrice del montessorismo, nonché probabilmente per l’appoggio di monsignor Montini, Pio XII accordò alla Dottoressa un’udienza privata.

Nelle Cronache delle Missionarie della scuola si legge: «Martedì, 20 maggio [1947]. La rev. Madre Gen. accompagna la dott. Montessori in Vaticano all’udienza dal Papa». Fu l’unica udienza papale avuta dalla Dottoressa nella sua vita. Certamente Pio XII fu favorevolmente colpito da lei e le inviò il 31 agosto 1950, in occasione del suo ottantesimo compleanno, un telegramma di auguri, con la sua benedizione.

Intanto, sempre durante il pontificato pacelliano, Angelo Roncalli, allora nunzio apostolico a Parigi, ebbe un incontro personale e cordiale con Montessori. Morta la Dottoressa nel 1952, Roncalli ricordò questo incontro nel 1956 quando, ormai Patriarca di Venezia, celebrò la messa per le partecipanti al IV Convegno nazionale Montessori e, dopo la messa, presente Maria Jervolino, parlò ancora con loro. Nel Diario di Roncalli, alla data di domenica 14 ottobre 1956, si legge: «Alle ore 8.30 celebra la Messa a San Zaccaria per i partecipanti al Congresso nazionale del metodo “Montessori”, rivolgendo un discorso ispirato al Vangelo del giorno e al tema del congresso: “Educazione del bambino alla socialità”».

Ma doveva essere il Concilio Vaticano II che, rinnovando profondamente la Chiesa cattolica, inaugurò una stagione in cui il montessorismo poteva ormai essere accolto pienamente. È quanto fece, come si è detto, Paolo VI, esattamente cinquant’anni fa, con un discorso che dimostrava una conoscenza profonda e di lunga data: una valorizzazione piena e completa della figura, dell’opera e degli indirizzi pedagogici della grande italiana.

Fulvio De Giorgi

Avvenire, 16 settembre 2020