UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il Papa: l’educazione? Armonia tra il rischio e la sicurezza

L’udienza al progetto “Grace”: «Ragazze e ragazzi hanno ‘diritto’ di sbagliare, il compito dell’educatore è accompagnarli nel cammino»
22 Aprile 2022

Il suo nome in inglese è Global Researchers Advancing Catholic Education Project, l’acronimo è più semplice e attraente: Grace. Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione tra quattro istituti universitari cattolici dell’anglosfera – Boston College negli Stati Uniti, University of Notre Dame in Australia, Mary Immaculate College a Limerick, in Irlanda, Saint Mary’s University a Twickenham, in Inghilterra – e l’Organizzazione internazionale dell’educazione cattolica (Oiec). Il fine è collaborare per offrire seminari, webinar, sostenere dottorandi di ricerca e attività varie. Ieri mattina il Papa ha ricevuto in udienza una delegazione di “Grace” a cui ha consegnato il testo del suo discorso che era stato preparato, preferendo parlare a braccio con i presenti.

«Ho vissuto in Irlanda, a Dublino, a Milltown Park, per studiare l’inglese» ha detto Francesco usando l’idioma anglosassone, «ma l’ho dimenticato! Scusatemi, parlerò in italiano». E ha così proseguito: «Sono contento, soprattutto dopo avere ascoltato lei [rivolgendosi all’accompagnatore del gruppo ndr]. Ho compreso quasi tutto, ma andava a cento all’ora e alle volte non capivo! Ma mi è piaciuta quella visione dell’educazione – lo dico con parole mie – in tensione fra il rischio e la sicurezza. È una cosa bella quello che fate. Dobbiamo rompere quell’immaginario sull’educazione, secondo cui educare è riempire la testa di idee. Così educhiamo degli automi, dei macrocefali, non delle persone. Educare è rischiare nella tensione tra la testa, il cuore e le mani: in armonia, al punto da pensare quello che sento e faccio; da sentire quello che penso e faccio; da fare quello che sento e penso. È un’armonia».

Bergoglio ha parlato anche di un «filo di Arianna» per aiutare i giovani a non perdersi nel «labirinto della vita»: «Camminare insieme. Non si può educare senza camminare insieme alle persone che si stanno educando. È bello quando si trovano educatori che camminano insieme ai ragazzi e alle ragazze». Così «le ragazze, i ragazzi hanno diritto a sbagliare, ma l’educatore li accompagna nel cammino per orientare questi sbagli, perché non siano pericolosi. Il vero educatore non si spaventa mai degli sbagli, no: accompagna, prende per mano, ascolta, dialoga. Non si spaventa e aspetta».

Infine, ultimo punto citato dal Pontefice argentino, il dialogo tra giovani e anziani: «Questo è molto importante. Anche scavalcando i genitori: non come ribellione, ma per cercare la fonte. The roots, le radici. Perché l’albero, per crescere, ha bisogno di rapporti stretti con le radici. Non rimanere fermi alle radici, no, ma essere in rapporto con le radici. C’è un poeta della mia terra che dice una cosa bella: “Tutto quello che l’albero ha di fiorito, gli viene da quello che ha sottoterra”. Senza radici non si va avanti. Soltanto con le radici diventiamo persone: non statue da museo, come certi tradizionalisti freddi, inamidati, rigidi, con il pensiero che provvedere alla vita significhi vivere attaccati alle radici. C’è bisogno di questo rapporto con le radici, ma anche di andare avanti. E questa è la vera tradizione: prendere dal passato per andare avanti. La tradizione non è statica: è dinamica, protesa ad andare avanti. C’era un teologo francese del quinto secolo, un monaco, che si chiedeva, parlando a questo proposito, come il dogma potesse progredire senza rovinare l’ispirazione della propria tradizione, come dovesse crescere senza nascondersi nel passato. E diceva in latino: Ut annis scilicet consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate: progredisce consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, sublimandosi con l’età. Consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate, questa è la tradizione: occorre educare nella tradizione, ma per crescere».

Andrea Galli

Avvenire, 22 aprile 2022