Il presidente della Fnomceo, che riunisce gli Ordini dei medici, ha dato al ministro dell’Istruzione «tutta la disponibilità della categoria medica a elevare il livello di sicurezza nelle scuole italiane » perché, come ci racconta Filippo Anelli in quest’intervista, il problema di una diffusione del virus «è reale» e si affronta «con un processo educativo».
Alcune regioni vorrebbero che la misurazione della temperatura avvenisse a casa, altre a scuola. Chi ha ragione?
Mi pare una discussione di basso livello. La tecnologia, oggi, consente di attraversare una porta custodita da un termoscanner e chi ha la temperatura alta scatta un allarme; questo dunque è un falso problema, rischiamo anzi di perdere tempo su questioni tecniche. Qui si fa ideologia spicciola…
Anche le mascherine sono un falso problema?
No. Quello è un problema vero, ci possono essere bimbi asmatici e altri casi particolari in cui le mascherine possono creare dei problemi ai ragazzini, senza contare che è difficile fargliele tenere. Le indicazioni del comitato tecnico scientifico mi paiono calzanti. Permettono un certo margine di discrezionalità, posto che si tratta di un presidio essenziale.
Parliamo dei famosi banchi…
Anche quello è un problema reale, visto che il distanziamento è uno dei pilastri della lotta al Covid 19. È altresì chiaro che non si tratta di un tema da geometri ma presuppone un processo educativo: non si può distanziare in aula e far ammassare all’uscita.
Cosa bisogna fare?
Educare. Educare i ragazzi ma anche i genitori a comprendere le ragioni delle misure che complicheranno la vita nelle scuole. L’educazione civica al Covid 19 dovrebbe essere la prima materia che si insegna nel nuovo anno scolastico. Solo così riusciremo a coinvolgere e responsabilizzare, innescando la comprensione dei processi che consentono di tenere testa a questa minaccia.
Tornerà il medico scolastico?
Noi lo speriamo ma le figure utili sono due. Una, pressochè dimenticata, è il medico competente, che per legge deve elaborare il documento della valutazione del rischio biologico e dare indicazioni perché i comportamenti all’interno degli istituti scolastici concorrano a ridurlo; non è sempre avvenuto e adesso questo ruolo va valorizzato.
Ci sono inadempienze?
Non la metterei su questo piano, ma è noto che non tutte le scuole hanno questo documento di valutazione del rischio che aiuterebbe - e non poco - i dirigenti scolastici, in quanto il medico dice cosa e come fare per contenere la minaccia e si assume le responsabilità di dare queste indicazioni.
Parliamo del medico scolastico…
Era molto apprezzato, quando c’era, perché aveva una funzione di educazione e prevenzione, sarebbe utile ripristinarlo, anche se oggi, evidentemente, avrebbe una funzione diversa dal passato, sarebbe cioè il punto di raccordo tra soggetti scollegati, come pediatra, medico di famiglia, dirigenti scolastici, dipartimento di igiene, famiglie.
Ci sono i soldi per riportarlo nelle scuole?
Alcuni hanno proposto di mettere i medici pensionati. Ma sarebbe pro tempore. Io dico che si potrebbe ricorrere ai colleghi che svolgono la continuità assistenziale. Cioè la guardia medica. Fanno 28 ore alla settimana che potrebbero essere aumentate, portandoli ad avere un ruolo scolastico che sarebbe complementare a quello che già svolgono sul territorio. E non servirebbe fare assunzioni, basterebbe un’estensione contrattuale.
È sensata la paura che le scuole trasmettano il virus?
Si. In quanto comunità possono essere vettori di focolai, come le rsa, anche se la popolazione è diversa. Le preoccupazioni sono reali. Il diritto all’istruzione e a tutta quella parte di socialità così importante in età scolare devono fare comunque da forte contrappeso a queste preoccupazioni, tenendo conto che ora, anche con il contributo dei Medici nelle scuole, siamo in grado di tenere sotto controllo i focolai.
Paolo Viana
Avvenire, 26 agosto 2020