Quasi due milioni di studenti iscritti, 113mila docenti e ricercatori e 57mila personale non docente. Sono questi i numeri (aggiornati dal Mur all’anno scolastico 2022-2023) del popolo dell’università che ogni giorno frequenta aule e chiostri e ne conosce le pieghe più recondite.
Il 2024, per loro, non è stato un anno semplice. Gli studenti – a cominciare dai fuorisede che hanno toccato quota 900mila – hanno manifestato contro il caro affitti delle città che a molti di loro ha reso impossibile trovare un alloggio. Mentre online rimbalzavano fotografie di seminterrati e stanze di fortuna pagate a peso d’oro – da Torino, dove in solo un anno è stato evidenziato un incremento di quasi il 4% per una stanza, a Milano dove una singola ha raggiunto una media di 637 euro mensili fino a Bologna – le matricole si sono accampate davanti agli atenei per chiedere soluzioni a prezzi accessibili. Non in tutte le regioni, infatti, c’è posto in residenze universitarie a prezzi convenzionati o con una retta del tutto coperta da una borsa di studio. Il problema è vivido a Milano e Bologna che attirano più studenti da tutta Italia rispetto a qualsiasi altra città della Penisola. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, in Lombardia i fuorisede sono 83.489 a fronte degli 11.125 posti disponibili nelle residenze; mentre in Emilia-Romagna, se possibile, le cose vanno ancora peggio: qui si contano 1.775 posti letti convenzionati a fronte degli 86.227 studenti che ne avrebbero bisogno. Ma sproporzioni simili si registrano anche in Piemonte, Lazio, Toscana e Veneto, con solo Calabria e Sardegna dove i numeri sembrano ancora sotto controllo.
A rendere ancora più calda la situazione negli atenei, almeno dal punto di vista di alcune organizzazioni studentesche, ha contribuito anche la riforma proposta dal ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. Il ddl, approvato in Consiglio dei ministri e attualmente in discussione in Parlamento, ha avuto l’obiettivo dichiarato di riorganizzare il sistema, abolendo gli assegni di ricerca e introducendo tre nuove figure, regolamentate rispettivamente con contratti postdoc, borse di assistenti all’attività di ricerca e contratti di professore aggiunto a tempo determinato. L’aggiornamento delle qualifiche ha mandato in allarme una parte degli addetti ai lavori, che temono si vada verso una frammentazione di ruoli (Flc Cgil ha definito la misura come una «giungla di contratti») e una ulteriore precarizzazione di chi ancora non è di ruolo: 65.500 persone tra ricercatori a tempo determinato, docenti a contratto e titolari di assegni di ricerca. Solo dal 7 agosto – quando il ddl è passato del Consiglio dei ministri – a oggi i precari sono scesi in piazza in varie città italiane: l’ultimo caso risale a ieri, quando a Padova più di centocinquanta fra docenti, studenti e studentesse, ricercatori, dottorandi e personale tecnico-amministrativo dell’università locale hanno manifestato di fronte alla Prefettura contro i tagli e la riforma. Anche gli organi ufficiali – rappresentati dalla Conferenza dei rettori (Crui), i ricercatori del Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti – hanno serrato i ranghi nella protesta contro una misura accusata, tra l’altro, di non sostenere i cambiamenti con apposite risorse economiche, visto che nel frattempo il ministero, invece di stanziare fondi a sostegno della riforma, ha tagliato 500 milioni dal Fondo Ordinario per l’Università. Nonostante i problemi interni, però, il popolo delle università non ha dimenticato il fronte internazionale. Il 2024 è stato segnato – sull’onda delle azione dei colleghi oltreoceano – dalle mobilitazioni pro Palestina con studenti che hanno piantonato gli atenei con tende e slogan contro le azioni militari israeliane a Gaza e le collaborazioni accademiche con istituzioni di Tel Aviv. L’episodio più recente è avvenuto a Torino, venerdì scorso: i collettivi hanno bloccato la prima tornata di lezioni all’Università e poi, al termine di un corteo in cui hanno urlato slogan contro la militarizzazione degli atenei, hanno tentato di fare irruzione al Politecnico. Una protesta che potrebbe – forse – essere degno epilogo di un anno scottante per l’accademia italiana.
Ilaria Beretta
Avvenire, 19 dicembre 2024