UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il futuro oltre la pandemia? Buio fitto per 4 ragazzi su 10

Lombardia, un’indagine della Fondazione Don Silvano Caccia onlus
14 Settembre 2021

Dopo tanta didattica a distanza (Dad), gli studenti ora riprendono finalmente le lezioni in presenza. Per capire lo stato psicologico dei ragazzi in tempo di pandemia e nell’avvicinamento all’anno scolastico 2021-2022, la Fondazione Don Silvano Caccia onlus a maggio nei suoi consultori di Lecco, Merate, Erba e Cantù e nelle scuole del territorio in cui svolge attività di educazione all’affettività e prevenzione al bullismo ha intervistato 2.500 ragazzi tra gli 11 e i 18 anni. «La scuola per quasi due anni non è stata vissuta dagli studenti come spazio e luogo di crescita, ce lo hanno raccontato loro – spiega la presidente Claudia Alberico – e questo ci spaventa». Anche perché alla domanda «come ti immagini quando la pandemia sarà finita?» più del 40% dei ragazzi ha risposto di non riuscire a pensare a nulla del proprio futuro. «Questo la dice lunga su quanto gli adulti, genitori, insegnanti e l’intera comunità, siano stati in grado di offrire ai ragazzi, anche in tempo di pandemia, la visione di mondo in cui potersi immaginare. La scuola stessa, il lavoro che noi facciamo al suo interno e nei percorsi nei nostri consultori, devono partire da questo elemento per lavorare insieme ai ragazzi», sottolinea Alberico.

Ci sono azioni che però sono «più necessarie» di altre già all’inizio di questo nuovo anno scolastico, secondo Massimo Molteni, direttore sanitario de La Nostra Famiglia di Bosisio Parini (Lecco) che legge così i dati della ricerca: «Le risposte dei ragazzi raccontano di una scuola a distanza che ha mostrato tutti i suoi limiti, legati sia ai fattori tecnologici, facendo crescere le diseguaglianze tra le diverse aree territoriali, come tra la città e le campagne o le aree montane, ma anche tra i ceti sociali di appartenenza degli alunni. Inoltre insegnare a distanza non può essere fatto con la stessa tecnica delle lezioni in presenza, ma è così che gli studenti hanno raccontato la Dad». Quest’ultimo aspetto sono i ragazzi a capire di averlo 'pagato', sia secondo la ricerca, sia secondo i punteggi Invalsi.

La sofferenza degli adolescenti si è manifestata anche in molti episodi di disturbi psicologici maturati in tempo di pandemia, quando il loro benessere psico-fisico è stato tra gli aspetti più dimenticati. Ora il rischio è di avere giovani impauriti, demotivati, ansiosi, iperconnessi. Per questo, secondo la ricerca, bisogna ripartire dalle famiglie. Ci sono quelle descritte dalla metà dei ragazzi, che ha dichiarato come, nonostante le difficoltà della loro Dad e dello smartworking dei genitori, le relazioni si siano consolidate. E c’è l’altro 50% a testimoniare che la pandemia ha acuito problemi e tensioni già presenti, complici la perdita del lavoro dei genitori o l’impossibilità di seguire le lezioni per mancanza di mezzi tecnici o economici. «Le famiglie sono state e saranno il baricentro della ripresa scolastica e sociale dei ragazzi, a dirlo sono loro stessi», riprende Alberico. Un altro aspetto emerso dalla ricerca e che ha impattato negativamente sulla salute mentale dei ragazzi? Mentre si sono ammalati meno di altre fasce d’età, sono stati spesso e volentieri trasformati in «untori». E ora – si pensi alle polemiche sull’uso del Green pass a scuola – sono «vittima» di strumentalizzazioni politiche e sociali. «Rischiano di trovarsi finalmente in classe – conclude Alberico – ma senza alcuni insegnanti, i quali devono capire che non sono solo docenti di una certa materia ma, senza sostituirsi ai genitori, hanno il ruolo attivo di educatori degli studenti».

Luca Cereda

Avvenire, 11 settembre 2021