UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

I ragazzi “competenti digitali” sono quelli più bravi in italiano

Gli esperti di “Benessere digitale”: l’uso di web e social va insegnato anche in classe.
6 Dicembre 2022

Tutti, o quasi, lo maneggiano, ma pochi lo sanno usare davvero. Cioè, hanno la “competenza” necessaria e la «capacità di usare al meglio la rete rispetto agli obiettivi che ritengono più importanti nella loro vita».

Lo smartphone, insomma, è dato per scontato in pressoché tutte le famiglie, ma, se si indaga a fondo - al di là delle polemiche scatenate dal ministro dell’Istruzione, Lorenzo Valditara - si scopre che i figli, soprattutto i più giovani, non hanno le conoscenze e, appunto, le competenze di base per utilizzarlo con consapevolezza e in modo vantaggioso per la loro crescita.

Questo lavoro di “scavo”, il primo del genere in Italia, è stato realizzato dall’indagine La competenza digitale degli studenti della scuola secondaria, i cui risultati sono stati raccolti in un volume delle edizioni Erickson, curato da Marco Gui, professore associato e direttore del Centro di ricerca Benessere digitale dell’Università di Milano- Bicocca; da Giulia Assirelli, sociologa, esperta di valutazione delle politiche pubbliche e da Tiziano Gerosa, ricercatore preso la Scuola universitaria professionale della Svizzera Italiana. La ricerca ha preso in esame i risultati di un test, caricato sulla piattaforma Benessere digitale scuole (www.benesseredigitalescuole.it) e compilato, tra febbraio 2021 e giugno 2022, da 3.738 studenti di scuola secondaria (865 delle medie e 2.873 delle superiori), iscritti in 211 classi di 74 istituti italiani.

Oggetto della ricerca era, appunto, “misurare” le competenze digitali degli adolescenti, partendo, per esempio, da quelle «necessarie all’efficace ricerca, selezione, valutazione, comprensione e catalogazione delle informazioni presenti sul web». È ciò che, tecnicamente, si chiama Information and data literacy e dà indicazioni utili sulla vera “abilità” nell’utilizzo di questi strumenti. Che non può certo essere limitata ai messaggi su Whatsapp, alle storie su Instagram e ai video su Tik Tok. Ambito, quello della “comunicazione” immediata che, invece, vede gli studenti conseguire i risultati migliori. A fronte di un punteggio medio complessivo di 66 (su base 100), i ricercatori hanno registrato una media di 63 per gli studenti delle medie, di 67 per gli alunni dei primi tre anni delle superiori e di 80 per quelli dell’ultimo biennio.

È confermato, insomma, che la “competenza” nell’utilizzo degli strumenti digitali cresce con l’età e che gli studenti più piccoli, significativamente quelli di prima e seconda media, fanno ancora tanta fatica, raggiungendo un risultato medio nei test di appena 40 punti su 100. Passando alle diverse aree di contenuto, mentre in Communication il punteggio medio è di 80/100, in Information & Literacy, i ragazzi arrivano a 56/100, dato fortemente influenzato dai risultati insufficienti degli alunni più piccoli. Anche l’area della Safety, cioè la capacità di difendersi dagli attacchi in rete alla propria privacy, arriva a 65 punti, 15 in meno dell’area Communication. Insomma: tanti ragazzi navigano la rete senza avere tutti gli strumenti necessari per farlo in sicurezza e con consapevolezza. E questo, come ricordano i dati della ricerca, vale soprattutto per quelli più giovani. Che sono, poi, anche quelli più esposti ai rischi del cyberbullismo, di cui sono le prime vittime.

Un altro aspetto problematico, sul quale la scuola dovrebbe lavorare di più, è il divario tra gli studenti a seconda del contesto familiare di riferimento. Le differenze maggiori si registrano nell’area Information & Literacy, con gli alunni figli di genitori laureati, che arrivano, in media a 59,7/100, mentre quelli di diplomati si fermano a 54,9 e chi ha genitori con soltanto la licenza media non supera i 51,2 punti. Ancora più ampio il divario tra gli studenti italiani e quelli di famiglie immigrate: 56,5 rispetto a 47,5 punti su 100. «Questa – scrivono i ricercatori – è una dimensione che la scuola è chiamata ad affrontare, per esempio, fornendo a tutti i propri studenti delle condizioni minime per uno sfruttamento significativo della rete nella vita personale e lavorativa». E dovrebbe farlo a partire dalle lezioni di Italiano. La ricerca dimostra, infatti, che la distanza tra chi ottiene buoni voti in Lettere e chi, invece, è in perenne equilibrio a cavallo della sufficienza, è di ben 7 punti: 62,2 per chi raggiunge il 6 contro i 69,1 punti di coloro che conseguono votazioni tra 9 a 10.

Insomma, osservano gli esperti: «La competenza digitale si sviluppa durante l’ora di educazione civica, ma forse ancor più in quella di italiano». La ricerca, inoltre, sfata un mito: la competenza digitale degli insegnanti supera quella degli alunni. Il test è stato, infatti, eseguito anche da 305 docenti, («Probabilmente la parte più coinvolta e motivata nel campo dell’educazione civica digitale», osservano i ricercatori), che, complessivamente, ottengono un punteggio medio di 80,9/100, rispetto al 66,1 dei propri studenti. E la distanza diventa quasi abissale nell’area dell’Information & Literacy: 77,7 punti contro 56,1. «La buona performance degli insegnanti – si legge nella ricerca – apre prospettive di “complementarietà” tra docenti e studenti che l’educazione civica digitale dovrebbe sfruttare».

Infine, la ricerca rivaluta la funzione che la Dad e la Did hanno avuto durante la pandemia. Confrontando i risultati dell’indagine con quelli di una ricerca realizzata nel 2017/2018, nelle classi seconde di otto scuole secondarie lombarde, si vede come, nelle stesse classi delle medesime scuole, dopo l’esperienza della Didattica a distanza e della Didattica digitale integrata, i risultati siano notevolmente migliorati. Se cinque anni fa, infatti, gli alunni di seconda raggiungevano i 61,2 punti in competenza digitale, ora arrivano a 68,3. L’incremento più significativo si registra nell’area Information & Literacy, dove si passa da una media di 52,2 nel 2017 a 60,3 nel 2022. Insomma: non tutta la Dad fa male e non tutto, della Dad, è da buttare.

Paolo Ferrario

Avvenire, 27 novembre 2022