Anche le nuove generazioni, se ascoltate, hanno qualcosa da dire sui grandi eventi della storia, anche quelli più tragici. Lo hanno dimostrato alcuni ragazzi del Liceo Classico «Celio» di Rovigo che si sono resi disponibili ad aiutare la Biblioteca del Seminario vescovile della diocesi di Adria- Rovigo per riscoprire alcune testimonianze scritte provenienti dalla Prima Guerra mondiale nell’anno del centenario dalla sua fine. Promotori dell’iniziativa sono stati Adriano Mazzetti, coordinatore della Biblioteca, e il direttore del settimanale diocesano «La Settimana» monsignor Bruno Cappato. Assieme ad alcuni collaboratori hanno messo insieme le lettere che alcuni seminaristi e sacerdoti dal fronte inviavano all’allora vescovo di Adria, monsignor Anselmo Rizzi. Si tratta di testi pieni di racconti e testimonianze di vita quotidiana dal fronte, di preoccupazioni, speranze e anche radicate nella fede.
Tre studenti della quarta A del «Celio », Edoardo Carricato, Fabiola Fraccascia e Matilda Chinarello, hanno letto e commentato le lettere inviate dal fronte, rimanendo particolarmente colpiti dall’età di molti dei seminaristi e dei sacerdoti impegnati tra i soldati un secolo fa: alcuni di loro erano poco più che adolescenti. Dopo una breve esperienza di alternanza scuola-lavoro i ragazzi si sono volontariamente prestati ad analizzare alcune delle testimonianze, mettendo poi nero su bianco i loro pensieri. Un lavoro durato circa un mese e mezzo ed effettuato nonostante le lezioni e gli impegni di studio. Il tutto si è concluso con l’evento «Su sentieri di guerra sognando la pace» che si è svolto il 10 Novembre presso l’aula magna del Seminario, dove i giovani studenti hanno letto ai presenti i loro commenti alle lettere.
Ognuno ha sottolineato diversi aspetti: Edoardo, ad esempio, si è detto colpito dall’«umiltà» espressa in quelle parole scritte e dalla voglia di pace e di gioia di chi scriveva, la stessa volontà dei ragazzi di oggi. «Nessuno di loro mostrava sfiducia in un nuovo mondo, sempre traspare la cultura della speranza – scrive il giovane in un suo commento –. Riuscivano a cogliere anche nei momenti più bui gli aspetti positivi che contraddistinguevano quegli istanti». Nonostante la guerra, conclude Edoardo, essi «non si sono arresi e ci insegnano che ciò che vorremmo essere possiamo esserlo sempre, in ogni circostanza che la vita ha da offrirci». Fabiola invece si è concentrata sulla 'penna', perché proprio quell’oggetto diventava per loro un amico importantissimo forse per sopravvivere o per recuperare quell’umanità celata dalla paura. «Come si può considerarsi uomini di Dio e di pace e assistere alla morte dei 'fratelli' – scrive la ragazza –? Per quanto possa sembrare impossibile hanno avuto fiducia nel Signore, una fiducia incondizionata che rende il loro animo sereno, mai spezzato dagli eventi negativi».
Infine Matilda ha voluto riflettere sulla spiritualità, oltre che sulla salute di quei giovani al fronte: dimensioni messe alla prova da quelle circostanze tragiche. Di certo, nota la giovane, quell’esperienza li portava lontano dalla loro scelta di vita e dal loro desiderio di dedicarsi alla pastorale. Ma, nota Matilda, «uno dei momenti in cui potevano ritrovare la loro missione» erano i giorni di festa o legati a qualche celebrazione come il Natale.
Le testimonianze dal fronte e i commenti dei tre ragazzi sono stati raccolti in un piccolo volume, il Quaderno numero 11 della Biblioteca del Seminario vescovile di Rovigo.
Thomas Paparella
Avvenire, 12 dicembre 2018