Assolto ma “a certe condizioni”. Il Consiglio di Stato ha scagionato l’“imputato” presepe dall’accusa di violare la “laicità” dei luoghi pubblici. Può, dunque, venire esposto in scuole, municipi, uffici, purché vengano rispettate tre limitazioni.
Primo, la natività dovrà essere esibita per un tempo limitato. Il che non costituisce un problema: il presepe si fa nel periodo natalizio. Secondo, questo non deve essere accompagnato da alcuna manifestazione di «proselitismo religioso». Terzo, deve rivestire «il carattere di una manifestazione o almeno festiva».
Aurélie Bretonneau, relatore del massimo organo giudiziario francese, ha spiegato: «Non crediamo che la laicità ci imponga di celebrare dei processi sul presepe. Poiché la laicità ha una dimensione pacificatrice». Il suo parere – che nelle prossime settimane verrà formalizzato in una sentenza – chiude una lunga querelle iniziata l’anno scorso. Allora, la “Federazione dei liberi pensatori della Seine-et-Marne” aveva chiesto la rimozione del presepe allestito nel municipio di Melun, non lontano da Parigi.
Un caso analogo si era ripetuto nella Vandea dove la “Federazione del libero pensiero” si era rivolta al tribunale per far eliminare la natività dalla sede del Consiglio provinciale di La Roche- sur-Yon. La diatriba era terminata con due verdetti opposti. Il tribunale amministrativo di Parigi aveva dato ragione ai ricorrenti. La corte di Nantes, al contrario, lo scorso ottobre, si era pronunciata in favore del presepe: quest’ultimo poteva restare, nel quadro di «una tradizione relativa alla preparazione della festa familiare del Natale».
Nel frattempo, il dibattito s’era spostato al Parlamento, creando alleanze trasversali tra gruppi e partiti, pro o contro. Al cuore della questione c’erano due diverse interpretazioni della laicità e il confine, talvolta labile, tra quest’ultima e le derive laiciste.
La contraddizione giuridica ha determinato l’intervento del Consiglio di Stato. Quest’ultimo si pronuncerà ufficialmente nelle prossime settimane ma ormai il via libera è scontato, dato che le raccomandazioni della relatrice non vengono quasi mai contraddette dagli altri giudici.
Lucia Capuzzi
Avvenire, 22 ottobre 2016