Da più di vent’anni ingaggia i suoi alunni della primaria in una singolare caccia alle “notizie positive”. Adesso che il coronavirus sospende l’attività didattica e i bambini si trovano in una situazione inedita che rischia di disorientarli, il maestro Roberto Lovattini – insegnante piacentino del Movimento di Cooperazione Educativa, amico e “discepolo” del pedagogista Mario Lodi – ha pensato a una nuova proposta, che stavolta allarga a bambini e ragazzi di tutta Italia: “Giorni senza scuola”.
Nella città emiliana che per la contiguità col focolaio lodigiano per prima si è trovata a fare i conti con la diffusione del contagio, le scuole sono chiuse dal 24 febbraio. «Il coronavirus – riflette il maestro – ci sta mettendo di fronte a una prova difficile. Come ne usciremo? Rafforzati, più solidali e consapevoli delle cose importanti della vita? Oppure più deboli, divisi e individualisti, preda del panico e delle fake news? E come vivono questo stare a casa i bambini, cosa percepiscono delle nostre ansie?».
Si tratta insomma di dare la parola ai bambini, che – assicura Lovattini – «sanno sempre sorprendere, ma hanno anche bisogno di sapere che a noi adulti interessa quel che dicono e pensano, altrimenti se ne stanno zitti ». Nella pedagogia delle scuole attive scrivere non è un fatto solo tecnico; serve a esprimere un vissuto, pertanto è sempre scrivere «per qualcuno e per un motivo »,0 spiega l’insegnante. “Giorni senza scuola” risponde a questo metodo didattico.
I docenti sono invitati a chiedere ai loro alunni di descrivere come vivono questo periodo, se stanno scoprendo cose nuove nella relazione con i nonni, se sentono la mancanza della scuola, se riescono a trovare aspetti positivi dell’esperienza, se vogliono proporre azioni o attività per uscirne bene.
Gli elaborati – pensieri, disegni, fumetti – vanno inviati all’indirizzo piacenza@mce–fimem.it . I primi sono già arrivati. Quelli piacentini sono stati pubblicati dal quotidiano locale “Libertà”. Ma il desiderio del maestro Lovattini è che si crei uno scambio più vasto.
”Sto ricevendo materiale da Firenze, Bologna, Cosenza. Stiamo pensando di creare un sito che possa raccoglierli tutti – annuncia –. In questo modo un bimbo di Palermo potrà leggere cosa ha scritto un suo coetaneo di Torino e magari potranno nascere in futuro delle corrispondenze tra le classi”. Una modalità creativa per costruire socialità anche adesso che i contatti a tu per tu devono essere ridotti al minimo.
Barbara Sartori
Avvenire, 12 marzo 2020