UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Guardiamoli con occhi più fiduciosi»

Il pedagogista Daniele Bruzzone: i giovani vivono con un grande senso di oppressione
12 Settembre 2024

Dubbi. Aspettative soffocanti. Senso di inadeguatezza. Sfiducia nel futuro. I giovani hanno veramente perso la speranza? Secondo Daniele Bruzzone, docente di Pedagogia generale all’Università Cattolica, intervenuto ieri all’incontro “Risonanze filosofiche, antropologiche, teologiche sulla speranza”, i ragazzi, più che aver dimenticato che cosa significa sperare, hanno smarrito il senso del futuro come una possibilità praticabile.

«Per questo motivo rinunciano a fare un progetto di sé e rischiano di essere catturati da orizzonti più immediati», sottolinea il professore, riflettendo, alla vigilia del Giubileo, sulle strade da percorre. Qual è la ragione di questa sfiducia? «I giovani vivono in un periodo storico in cui è aumentato il senso dell’incertezza. E questo provoca una restrizione del desiderio, che è diventato territorio di colonizzazione da parte della pubblicità e dei social media – spiega -. C’è il tentativo di appropriarsi dei desideri dei ragazzi, che poi si trovano facilmente a desiderare cose irrealistiche e irrealizzabili o che non gli corrispondono».

In questo, secondo Bruzzone, gli educatori hanno un ruolo fondamentale, a partire dalle famiglie e dalla scuola. «Credo che oggi da parte degli adulti prevalga eccessivamente la preoccupazione del futuro dei ragazzi e quindi per la loro realizzazione – sottolinea -. È una preoccupazione piena di aspettative che talvolta interferisce negativamente con l’educazione, in quanto decide in anticipo ciò che gli altri dovrebbero essere e non apre le porte alla loro migliore versione di sé».

Per lo studioso, i giovani vivono tutto ciò con un grande senso di oppressione. E anche coloro che raggiungono i propri obiettivi, «sperimentano la pressione di queste aspettative con un forte senso di ansia e inadeguatezza». Non sempre, dunque, l’atteggiamento degli adulti li aiuta a coltivare la speranza.

Bruzzone individua così la strada da percorrere. «È necessario guardare i giovani con occhi più fiduciosi. Se non siamo capaci di vedere le loro capacità, va a finire che spesso non ci riescono nemmeno loro». E in secondo luogo «offrire nelle situazioni educative la possibilità di incontrare delle persone credibili, delle storie non realizzate secondo i criteri del mainstream (che sono delle false speranze), ma vite sensate, che non necessariamente coincidono con il successo, la popolarità e il guadagno. Esse – aggiunge il docente - sono spesso vite nascoste e segnate dalla sofferenza, nelle quali però le persone sono riuscite a trovare una chiave per diventare pienamente sé stesse». Il professore ritiene che il fascino di questi incontri possa essere molto potente. «Sono esperienze che accendono la meraviglia e il desiderio di “essere di più” come diceva Freire (pedagogista brasiliano ndr). I luoghi educativi come le università devono essere luoghi di incontro – conclude Bruzzone -. Solo così possono esercitare la loro funzione pedagogica e non soltanto una fredda trasmissione del sapere». (G.Mu.)

Avvenire, 11 settembre 2024