UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Gli universitari sempre al centro»

Paolo Vittoria (Università Federico II di Napoli): «Va messa in pratica una didattica più corale, dialogica e meno individualistica»
27 Marzo 2023

A inizio mese, la notizia del suicidio della ventisettenne Diana Biondi, studentessa di lettere dell’Università di Napoli Federico II, ha sconcertato la comunità accademica. Il gesto estremo - pare legato al peso psicologico per gli studi non ancora conclusi - pur se impenetrabile nelle sue ragioni ultime, è l’occasione per una riflessione sul vissuto universitario dei giovani e sui malesseri personali connessi. Paolo Vittoria è docente di pedagogia generale e sociale presso l’Università di Napoli Federico II e si è già espresso pubblicamente sull’argomento.

«Di fronte a situazioni come queste bisognerebbe fermarsi - spiega - Purtroppo, è un caso che ha una lunga scia alle spalle a livello nazionale ed internazionale. Pensiamo a Cambridge, seconda università per ranking mondiale, dove ci sono stati cinque casi simili in quattro mesi. Questo dimostra che le classifiche sono fondate su una logica produttivista non sempre reale o in grado di cogliere il benessere della persona. Sono tutti segnali - afferma Vittoria - tragici e dolorosi che vanno compresi, andando oltre la categoria della colpa, ma aprendo un ragionamento di sistema. La mia opinione è che dovremmo passare da un modello ideologico neoliberista, fondato sulla competizione e sulle premialità a quello della persona e del dialogo. Al mito del successo individuale e dell’eccellenza, fa da contraltare il senso di fallimento se non si sta al passo con gli standard. Se l’università fosse costruita a partire dalla persona si comprenderebbe che i giovani, in questa fase storica particolare, hanno delle fragilità e insicurezze cui non sempre riescono a far fronte. Vivono in un tempo in cui si sono succedute diverse crisi: quella economica, quella pandemica, adesso la guerra».

Per la persona concreta può non essere facile reggere la pressione. «Il problema è complesso: viviamo un modello sbilanciato sul livello quantitativo e del possesso spiega Vittoria - come si evince anche dal dizionario che usiamo come “acquisire” e “spendere” delle competenze, non solo nel mondo universitario ma anche in quello scolastico. Un’astrazione che poi si ripercuote negativamente sulla vita concreta. Prendiamo ad esempio le premialità previste per gli studenti che si laureano in tempo, che consistono in una valutazione finale più alta e in minori spese. Ora, è giusto che chi consegue ottimi risultati ed è in linea con gli esami sia premiato, non è certo un problema. Ma sulle spalle di chi sta fuori corso e non riesce a laurearsi in tempo per diversi motivi, lavorativi, familiari, per scelte di vita, si può creare una pressione didattica ed economica che a volte pesa, soprattutto se le famiglie sono in difficoltà».

Anche tra docenti c’è un dibattito. «Tra colleghi naturalmente ci confrontiamo su questi temi e credo che la difficoltà sia inquadrarli bene dal punto di vista di sistema e non individuale, perché si tratta di problemi diffusi dappertutto. È difficile - aggiunge Vittoria - perché an-che noi docenti soffriamo questo sistema alienato. Oltre ai casi più drammatici, esistono dei malesseri diffusi nella popolazione studentesca dei quali bisogna interessarsi come crisi di ansia, panico, agitazione, insicurezze, che vedo crescere attorno a me, ma anche tante risorse positive: creatività, intraprendenza, voglia di mettersi in gioco. Va detto che l’università ha spazi istituzionali di ascolto e supporto e dobbiamo provare a fare prevenzione captando il disagio e segnalandolo. L’università resta un luogo straordinario di cultura dove un’attenzione maggiore alle emozioni, non misurarsi solo con la pressione produttiva, dare il giusto peso (a volte anche leggerezza) alla valutazione, mettere in pratica una didattica più corale, dialogica e meno individualistica, può trasformare il sistema fondandolo sulla persona e quindi rendendolo in grado di accogliere le fragilità di tutti, anche le nostre»

Alfonso Lanzieri

Avvenire - In Dialogo, 26 marzo 2023