UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Gli studenti, il senso di Dio e l’uomo moderno

Premiati i partecipanti al concorso promosso dagli uffici diocesani per la scuola, i giovani e le comunicazioni sociali della Diocesi di Pesaro
4 Aprile 2023

 

Un’intensa esperienza sinodale quella promossa dai direttori dell’Ufficio Scuola, della Pastorale Giovanile, delle Comunicazioni Sociali dell’arcidiocesi di Pesaro e vissuta da centinaia di studenti e decine di docenti, credenti e non. Inizialmente non pensata come tale, ma proposta nel 2022 come evento per celebrare il centenario della nascita di don Luigi Giussani. È stato realizzato, infatti, per le scuole secondarie di II grado della città, uno spettacolo di musica, parole, immagini, liberamente tratto dal testo “Il senso di Dio e l’uomo moderno”, in cui Giussani, interloquendo con la mentalità razionalistica e nichilistica del nostro tempo, mette in luce la ragionevolezza del cristianesimo, sfidando la modernità sul suo stesso terreno: l’esaltazione della ragione.

In seguito, vista l’alta partecipazione delle scuole, per chiamare in causa personalmente i giovani, per ascoltare e comprendere quali scoperte, domande e obiezioni lo spettacolo avesse provocato in loro, sono stati organizzati un Concorso per gli studenti e un Convegno per le premiazioni, nel quale sono stati letti pubblicamente i passi più significativi degli elaborati. Il tutto con l’appoggio e la partecipazione dell’arcivescovo mons. Sandro Salvucci e della dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale Alessandra Belloni. A commentare gli elaborati, costruendo un percorso di riflessione comune, è stato invitato don Pierluigi Banna, un sacerdote di Milano, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

“La mia generazione, scrive Alessia, pur avendo tante possibilità, vive un grande vuoto di spazi e di parole”. In questo vuoto qual è il rischio maggiore che corrono i giovani? È quello non tanto di ricorrere a “rimedi” veloci (sesso, alcool, droga, psicofarmaci) quanto di lasciare che i nuovi poteri massmediatici pensino al posto loro, indirizzino i loro like, caratterizzino la loro personalità. Un pericolo grave, perché fa scomparire l’”io”, l’unicità e il protagonismo dell’io (Francesco).

Il Concorso ha offerto l’occasione di uscire dall’anonimato e di mostrare le proprie debolezze e vulnerabilità. “Mai nessuno in vita mia mi aveva chiesto per che cosa vivo, se sono felice” (Linda) o se Dio impatta sulla mia vita (Marco). Ha offerto soprattutto l’occasione di mostrare che c’è qualcosa di permanente e irriducibile nel cuore dei ragazzi, rispetto al quale non c’è “cambiamento d’epoca” che tenga: il desiderio di essere felici.

Dice Elisa: “Sono d’accordo con John Lennon. In un tema di scuola gli chiesero: cosa vuoi fare da grande? Lui rispose: essere felice”: questo è l’essenziale, indipendentemente da quello che ognuno farà in futuro. Diversamente dalla mentalità dominante, per cui si diventa saggi e sapienti quando si anestetizza, si addormenta questo desiderio, i temi dei giovani hanno dimostrato che questo desiderio è giusto e inestirpabile. Certo esso trova tanti ostacoli nella vita. Ma anche in questi casi non bisogna cedere all’opinione comune, che ragiona solo in termini di successo-fallimento, promozione-bocciatura. Bisogna invece ragionare con la logica del cammino, per il quale serve sia cadere che rialzarsi.

Una domanda tuttavia si impone: il camminare ha una meta? La felicità è una vetta raggiungibile? Perché questa è la vera fatica del cammino: si desidera, si attende la felicità, ma non si vede la meta. Il rischio della ragione allora è chiudersi: ritenere che “l’uomo, per consolarsi, si inventi Dio” (Gaia) e che comunque Dio, se anche esistesse, “rimarrebbe lontano e inaccessibile, perché non esiste una strada da percorrere per raggiungerlo” (Vittoria). Ma una strada, forse, è possibile. “Penso che smetterei subito di credere se non rimanesse nel mio cuore una domanda: perché intorno a me ci sono tante persone estremamente intelligenti che credono, che entrano dentro questo tema titanico di Dio con una certezza?” (Anna). “Tanti credenti hanno una pienezza di vita sorprendente, come i missionari, che sono sempre gioiosi anche se rischiano la vita o come le suore di clausura, che sono sempre sorridenti anche se hanno abbandonato il mondo” (Alessia).

Ecco, ha detto don Pigi, la strada è questa: Dio non si vede, ma si vedono le persone che credono in Lui. La domanda vera allora è: sono affidabili queste persone? C’è una ragionevolezza che sostiene la loro fede? E comunque: di chi ci possiamo fidare nella vita? Avere “fede”, infatti, significa avere “fiducia”, e la fiducia, anche nella quotidianità, non si fonda mai su dimostrazioni matematiche, ma sull’interpretazione di “segni” e indizi.

Paola Campanini