Non si placano le proteste degli studenti per le due prove scritte alla Maturità 2022, dopo due anni di pandemia, e per la morte di Lorenzo Parelli, nell’ultimo giorno di stage per i Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto). Non sono d’accordo con il ministero dell’Istruzione neppure il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, che si dice favorevole alla prova scritta di italiano ma contrario alla seconda di indirizzo, perché “non garantisce uniformità nella verifica dei livelli di apprendimento”, e le Consulte studentesche, che hanno espresso parere negativo sulla proposta di Esame di Stato 2022. Su questi temi abbiamo raccolto alcuni pareri.
Già prima del Covid, “l’Esame di Stato presentava dei problemi: era una prova di forza e di resistenza estrema, molto spesso con metodi di valutazione e temi d’esame completamente avulsi dal percorso fatto nei cinque anni precedenti”. Non ha dubbi Lorenzo Pellegrino, segretario nazionale del Movimento studenti di Azione cattolica (Msac), oggi studente universitario di Matematica, che evidenzia: “La pandemia ha dettato la possibilità di fare un’inversione di rotta e l’anno scorso c’è stata una bellissima iniziativa, seppur arrivata molto in ritardo, del ministero dell’Istruzione, di presentare i curricula degli studenti, per cui venivano valutate durante l’Esame di Stato non solo le ore spese a scuola, ma anche quelle impiegate in attività extracurriculari”.
L’errore di quest’anno “non è tornare allo scritto, ma non aver consultato gli studenti e neanche noi rappresentanti nazionali degli studenti siamo stati ascoltati per giungere alla decisione. È stata una scelta che ci è crollata addosso, nonostante avessimo sollecitato nelle ultime due riunioni del Fast-Forum delle associazioni studentesche presso il ministero un confronto, entro gennaio, sull’esame di maturità e sull’orientamento prima e dopo la maturità. Ma nessuna associazione è stata ascoltata”.
Pellegrino precisa: “La protesta in strada in qualche modo è giustificata da questo mancato ascolto, mail Msac non è sceso in piazza perché non crediamo alla protesta se poi non c’è una proposta.Non a caso, stiamo avviando delle consultazioni, anche on line, di ascolto degli studenti. Le questioni sulle quali ora vogliamo dialogare con il ministero – abbiamo già inviato una nota per essere convocati – è sul metodo di valutazione, per capire su quali griglie si giudicheranno le prove scritte, su cosa vertono, chi le elabora, quanto pesano sull’esame, tutte questioni che non sono state chiarite. Vogliamo capire dove c’è ancora uno spazio di dialogo per abitarlo”.
L’esame di maturità ideale dovrebbe “essere una grande prova di ascolto”, per valutare “i vari livelli che abbiamo raggiunto dal punto di vista di competenze, di abilità, di saper rielaborare le informazioni della storia, della cittadinanza, ma anche della matematica e della fisica. Paradossalmente sarebbe meraviglioso se l’esame non fosse quel giorno, ma una preparazione che studenti e docenti fanno insieme fino al momento di raggiungere il momento della valutazione a fine anno, perché questo crea consapevolezza”.
Sara Limoncini, di Casteggio, in provincia di Pavia, segretaria diocesana del Msac di Tortona e membro eletto dell’équipe nazionale del Msac, frequenta il V anno del liceo scientifico Galilei a Voghera. “Già prima dell’annuncio ufficiale – racconta – girava voce della prova scritta di italiano. Nella mia classe non è stata presa bene questa notizia perché essendo un liceo scientifico i miei compagni non consideravano giusta una valutazione su italiano. Io non ero d’accordo, perché penso che la prova di italiano sia fondamentale per tutti i neo maggiorenni, che si preparano a diventare cittadini ancora più partecipi. Credo che sia un requisito fondamentale per la cittadinanza italiana comprendere e scrivere un testo. Quando è arrivata la notizia della seconda prova ero arrabbiata, perché dopo due anni quasi sempre in Dad ci troviamo a fare una maturità come negli anni precedenti alla pandemia, ma non mi sembra giusto essere valutati come ragazzi che hanno frequentato normalmente la scuola in presenza. Oltretutto, in Dad non riuscivi a mantenere l’attenzione, con situazioni familiari difficili e anche pesanti a livello psicologico.In quel periodo la scuola è passata un po’ in secondo piano e questo ha influito sulla nostra preparazione. Perciò, la seconda prova mi sembra uno scoglio non da poco”.
Altro motivo di protesta da parte degli studenti è l’ex alternanza scuola-lavoro. “Demolire l’esperienza dei Pcto in maniera netta non è nelle nostre corde, perché siamo consapevoli che la scuola non può essere solo un contenitore di nozioni e saperi, ma deve necessariamente aprire delle strade, come quella del lavoro – sostiene il segretario nazionale del Msac -. Ma le strade vengono aperte se stendi l’asfalto come si deve, rendendole sicure. Invece, quando molti studenti devono cercarsi da soli cosa fare e a volte inventarsi dei lavori, in situazioni sterili, per coprire un monte ore, questo è sbagliato. Direi che ancora una volta c’è la necessità di ascoltare gli studenti: non è detto che tutti abbiano bisogno dello stesso numero di ore o di sfruttare queste ore nello stesso modo”. Di qui la proposta:“Perché non pensare ai Pcto come percorsi in cui uno studente si sente accompagnato verso una scelta finale tra università e lavoro? Com’è ora, l’alternanza scuola-lavoro è un dispendio enorme di ore di studio e di lavoro senza portare un effettivo vantaggio a tutti”.
Per Sara, “i Pcto non vanno aboliti, perché vanno ad ampliare i nostri orizzonti. Io ho fatto quasi tutta la parte dedicata all’alternanza scuola-lavoro in Dad, ma sono state esperienze molto belle, che mi hanno fatto appassionare alla comunicazione tanto da pensare anche a una facoltà nella quale si riprendono questi temi. I Pcto sono utili in un’ottica di crescita e di orientamento universitario, ma anche per confrontarsi con altre realtà, cooperative, associazioni di volontariato che da solo non avresti conosciuto”. Non per tutti è così: “Altri miei compagni non hanno trovato belle le attività proposte dalla scuola; ogni studente dovrebbe poter scegliere una serie di attività da fare. Per raggiungere il monte ore invece si fanno anche corsi che interessano poco. Questa è la pecca del Pcto”.
“La possibilità di far vivere l’alternanza scuola-lavoro ai nostri giovani deve essere ritenuta da tutti una fortuna. Infatti, il giovane ha la possibilità di approcciarsi al contesto lavorativo, dopo aver affrontato il tema della sicurezza sui banchi di scuola, con l’affiancamento di un lavoratore esperto che conosce i pericoli presenti in azienda. Questo permette al ragazzo di crescere con un ‘professore personale’ messo al suo fianco, cosa impensabile nei laboratori scolastici”, dice don Fabrizio Bonalume, direttore della Federazione nazionale Cnos-Fap. “Se l’alternanza non esistesse i ragazzi entrerebbero in azienda direttamente come apprendisti, affiancati sì ad un operaio (magari anche non esperto), ma subito con il compito di produrre. Il problema della sicurezza si riproporrebbe immediatamente”, osserva don Bonalume, evidenziando che “l’allievo in alternanza, oltre ad avere un tutor aziendale che lo segue, ha la scuola a cui rivolgersi se l’azienda non dovesse seguire le norme di sicurezza”. A tal proposito si è parlato di certificare le aziende sicure. “Ritengo che se un’azienda non dovesse avere i requisiti per essere certificata per accogliere uno studente a causa della mancanza di sicurezza, non dovrebbe nemmeno far entrare gli operai al suo interno. Quello che diventa dirimente è la capacità formativa dell’azienda”.
Don Fabrizio non è d’accordo con chi considera l’alternanza uno sfruttamento da parte delle aziende: “Se l’alternanza assicura la presenza del tutor aziendale, dobbiamo ricordarci che questo operaio esperto renderà di meno per l’azienda, avendo anche il compito di formare il ragazzo. Certo, l’azienda può conoscere il ragazzo e magari a lungo termine avere un ritorno positivo avendo già individuato una potenziale risorsa da inserire in organico, ma durante lo stage è più probabile che ci rimetta”.
Come rendere più sicuri i Pcto? “Continuare a curare le ore di sicurezza sul lavoro nei corsi di formazione, facendo crescere la cultura della sicurezza. È questa cultura il vero rimedio a molti incidenti. E da parte delle aziende deve essere costante il richiamo al rispetto delle norme di sicurezza nei confronti dei giovani che ancora non hanno interiorizzarlo la loro importanza”.
Gigliola Alfaro
Sir, 11 febbraio 2022