UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Genitori e alunni pronti a scendere in piazza

Ma i contagi spaventano
3 Marzo 2021

Una nuova chiusura generalizzata delle scuole non piace a studenti e famiglie, che hanno già promosso iniziative di protesta sul web e, a piccoli gruppi, in diverse città. Anche se l’avanzata del virus spaventa i genitori, con casi, come quello dell’Emilia Romagna, dove, soltanto nelle ultime due settimane, i contagi nelle scuole sono aumentati del 70% rispetto a gennaio.

«Sono pronta a tornare in piazza», dice Anita, la 12enne di Torino, diventata nei mesi scorsi il simbolo dell’opposizione alla Dad. «Chiudere le scuole ci fa tornare indietro di un anno – dice la mamma della studentessa –. Speriamo che il ministro Bianchi si opponga. Nel caso contrario anche noi genitori scenderemo in piazza». Intanto, nella piazza virtuale di Facebook si sono già date appuntamento migliaia di famiglie al grido: «La scuola non si chiude!», mentre il comitato “Priorità alla scuola” lancia un appello alle istituzioni, richiamandole «al senso di responsabilità verso una materia così importante come la scuola, che non può essere liquidata come “settore improduttivo” e verso i minorenni che risiedono in Italia».

A Milano, il comitato “A scuola!” ha organizzato per domani pomeriggio un flashmob sotto Palazzo Lombardia per protestare «contro la totale assenza di misure di prevenzione sanitaria nelle scuole». Intanto, è partita anche la campagna social “Mamma ho perso il congedo”, che ha raccolto centinaia di testimonianze di donne «sull’orlo di una crisi di nervi» costrette ad utilizzare le ferie, i permessi non retribuiti, ad inventarsi soluzioni funamboliche, perché non tutte le categorie dispongono di questi istituti, per seguire i figli in didattica a distanza.

Un primo bilancio di questo anno di “scuola a strappi”, è stato stilato da Save the children, che ha quantificato in 112 miliardi i giorni di scuola persi in tutto il mondo, con una media di 74 giorni di istruzione ciascuno, più di un terzo dell’anno scolastico medio globale di 190 giorni. In Italia l’analisi ha preso in considerazione 8 capoluoghi di provincia evidenziando che al nord i ragazzi sono andati a scuola il doppio rispetto ai ragazzi del sud. Da settembre 2020 a fine febbraio 2021, i bambini delle scuole dell’infanzia a Bari, per esempio, hanno potuto frequentare di persona 48 giorni sui 107 previsti, contro i loro coetanei di Milano che sono stati in aula tutti i 112 giorni in calendario. Gli studenti delle scuole medie a Napoli sono andati a scuola 42 giorni su 97 mentre quelli di Roma sono stati in presenza per tutti i 108 giorni previsti. Per quanto riguarda le scuole superiori, gli studenti di Reggio Calabria hanno potuto partecipare alle lezioni in aula per 35,5 giorni contro i 97 del calendario, i loro coetanei di Firenze sono andati a scuola 75,1 giorni su 106. A Napoli i ragazzi sono andati a scuola solo 27 giorni contro gli 80 dei loro coetanei a Roma e i 61 a Milano.

«Sappiamo bene quanto le diseguaglianze territoriali abbiano condizionato in Italia, già prima della pandemia, la povertà educativa dei bambini e dei ragazzi – ricorda Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia- Europa di Save the Children –. Ora anche il numero di giorni in cui le scuole, dall’infanzia alle superiori, hanno garantito l’apertura nel corso della seconda ondata Covid mostra una fotografia dell’Italia fortemente diseguale e rivela come, proprio alcune tra le regioni particolarmente colpite dalla dispersione scolastica già prima della pandemia, siano quelle in cui si è assicurato il minor tempo scuola in presenza. Il rischio è dunque quello di un ulteriore ampliamento delle diseguaglianze educative».

Paolo Ferrario

Avvenire, 3 marzo 2021