Mascherine trasparenti per permettere ai sordomuti di leggere e ascoltare attraverso le labbra. Realizzazioni di alta oreficeria e cucina. Elaborati tecnici e tecnologici. La chiusura forzata delle scuole non ha fermato la didattica, né l’ingegno nelle scuole professionali. Con qualche accorgimento e strumentazione in più rispetto ai colleghi dei licei. Un conto, infatti, è lo svolgimento di un programma con lezioni orali, un altro quello che prevede prove manuali e attività pratiche. Alla Galdus si passa dai più classici stage in smart working per chi frequenta i corsi di tecnologia alla progettazione e costruzione di prodotti, o allo svolgimento di approfondi- menti e studi richiesti dalle aziende attraverso un mandato, che vengono realizzati a casa e poi inviati alla scuola per le verifiche e il giudizio. E infine al mittente. «In questo caso gli studenti si collegano dalle loro cucine o dalle loro stanze–laboratorio e realizzano i prodotti passo dopo passo guardando l’insegnante, per poi mandare la foto del lavoro al professore» dicono all’istituto. Ora ad esempio i ragazzi del corso di Design hanno realizzato modelli di mascherine particolari in 3D con decorazioni molto originali. E con i giovani che hanno bisogno di essere seguiti da insegnanti di sostegno «è servito molto ingegno, ma si sono comunque trovate soluzioni che permettono di far sentire, anche a distanza, la nostra prossimità a questi studenti» rispondono i responsabili, portando come esempio lo chef–musicista che suona il violino: prima di ogni lezione dedica pillole sonore di due minuti scelte dai ragazzi il giorno prima.
Diversa la situazione dei corsi dell’istituto Salesiano don Bosco, che sono legati soprattutto all’industria (meccanica e simili). «Noi abbiamo intensificato l’utilizzo di sistemi già usati, riuscendo a organizzarci in breve periodo – spiega il direttore generale Franco Pozzi –. È stato così possibile stabilire dei contatti già alla seconda settimana di chiusura forzata delle scuole per iniziare in quella successiva a collaudare lezioni a distanza da 30 minuti fino ad arrivare alle 10–12 ore di insegnamenti a settimana. Infine il 16 marzo, dopo una riprogettazione parziale dei sistemi di simulazione, siamo arrivati a 20 ore di lezione a settimana». Aggiungendo: «Questa ripartenza veloce ha permesso di modificare pochissimo le abitudini degli studenti, compresi i ragazzi con disabilità». Una soddisfazione in più visto le difficoltà che i suoi alunni più grandi – quelli del terzo e quarto anno che stanno concludendo la formazione –, si trovano a dover affrontare per le modifiche dell’apprendistato e i cambiamenti degli aspetti tecnici e pratici. «Purtroppo il problema più grave è stato il fermo improvviso dei tirocini in azienda, di cui alcuni in procinto di partire – conclude Pozzi – ma per il resto il sistema, per ora, tiene bene compresi gli scrutini e le riunioni con i genitori a distanza».
«Ho visto gli alunni accogliere le proposte di lavoro con una partecipazione che mi ha commosso», afferma la professoressa Cecilia Carrettini dell’istituto Giuseppe Lagrange. E alla fine, aggiunge, quando si è capito che il rientro non sarebbe stato immediato, «il sentire comune era davvero il desiderio di poter raggiungere veramente i ragazzi. Non solo farli lavorare, ma poterli incontrare».
Monica Lucioni
Avvenire, 16 aprile 2020