«I tempi per le scuole cattoliche sono cambiati. La scelta della Fism di costruire reti è un modello vincente (non solo per la scuola). Il segreto della Federazione è quello di mettersi insieme per capire, affrontare e risolvere i problemi». Lo ha detto monsignor Giovanni Silvagni, vicario generale per l’Amministrazione, intervenendo all’incontro di apertura dell’anno scolastico promosso dalla Fism Bologna. L’evento, dal titolo «Educare è un’avventura meravigliosa», ha inaugurato le celebrazioni per il 50° della Federazione bolognese.
Al convegno, moderato da Alessandro Rondoni, direttore Ufficio comunicazioni sociali Arcidiocesi Bologna/Ceer, ha portato un saluto Giuseppe Panzardi, dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale. «Il titolo scelto - ha affermato - è un contributo importante e tende a colmare anche i limiti di un sistema statale che non riesce ad arrivare a tutti». Introducendo i lavori il presidente della Fism Bologna Rossano Rossi ha richiamato storia e compiti attuali della Federazione. «Le prime scuole sono nate per rispondere a un bisogno educativo. La Fism ha raccolto questa anima, cercando di mantenerla viva e di qualificarla».
Per Mariella Carlotti, preside del Conservatorio San Niccolò di Prato «l’educazione è un’avventura meravigliosa, a condizione che non sia solitaria ma vissuta insieme, da una comunità. In questo contesto oggi la scuola cattolica può avere un compito ancora più decisivo. L’ho scelta perché ho visto la possibilità di fare una scuola che introduca alla realtà partendo da un’ipotesi positiva, non limitandosi alle sole regole».
Quali sono gli essenziali di oggi? «Quelli di sempre - ha risposto Giorgia Pinelli, dell’Università di Bologna -. Cambiano le circostanze ma non l’essenziale. All’origine c’è sempre una scelta. L’educazione è qualcosa di cui dobbiamo prenderci la responsabilità».
Uno spunto storico per il pedagogista Daniele Novara: «Montessori inventa un metodo per cercare di recuperare i bambini fortemente disabili che poi applica anche a tutti gli altri. Con i materiali sensoriali i bambini imparano a leggere, a scrivere, a far di conto con il solo uso delle mani. E’ una invenzione stratosferica sulla libertà».
«Quando si ha una responsabilità educativa - ha proseguito Carlotti si è dentro una tremenda tentazione: essere tesi a quello che deve fare l’altro e non alla propria esperienza. Quando incontro i genitori, il mio augurio è che, di fronte alle domande che hanno nei confronti dei figli, abbiano prima di tutto il coraggio di farsi delle domande su se stessi». Novara si è soffermato sulla fragilità della famiglia oggi. «Qualcosa è inequivocabilmente cambiato. I bambini continuano a fare i bambini, ma i genitori non riescono più a fare il loro mestiere». «I ragazzi - racconta Pinelli - spesso mi dicono che fra trent’anni vorrebbero essere come i nonni, perché loro hanno passato una vita faticosa ma sono ancora insieme.
Queste cose le hanno vissute in famiglia, che è ancora una grande potenza educativa». Si salverà la scuola? Novara: «Serve un’azione pedagogica per affrontare i cambiamenti. Per esempio decidere di non fare più la lezione frontale. Perché dopo cinque minuti nessuno più ti segue. Ti guardano, ma non ti ascoltano. Nonostante la scuola abbia tutti i limiti del mondo, gli insegnanti possono ancora salvare un bambino. E quindi continuiamo a creder in questa bellissima impresa». «La scuola cambia - ha concluso - se attraverso l’insegnamento torna a educare. Mentre oggi le grandi domande dei ragazzi hanno come risposta dei progetti». «C’è uno spunto iniziale purissimo secondo Mariotti - in chi oggi decide di occuparsi dei bambini e dei ragazzi. Un impeto che lo Stato seppellisce. La prima urgenza è recuperare negli insegnanti il brillio degli occhi».
Stefano Andrini
Bologna Sette, 15 settembre 2024