UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Fateli scrivere con la penna. La tastiera spegne il cervello»

Didattica tutta digitale? Daniele Novara: solo la scrittura manuale stimola davvero le connessioni cognitive
21 Maggio 2023

Mentre la scuola si accinge alla digitalizzazione della didattica penso sia importante mettere qualche paletto per evitare che la moda prevalga a prescindere da ogni consapevolezza scientifica, pedagogica e psicoevolutiva. Il punto più importante della questione è che ogni cosa ha il suo tempo e quello che vale per un ragazzo di quindici anni non può valere per un bambino di un anno così come di otto.

L’infanzia è una fase della vita molto particolare dove la sensorialità, l’esperienzialità, la motricità, il movimento e la socialità devono prevalere su tutto e su tutti. Dare, viceversa, la precedenza assoluta al mondo virtuale appare una scelta estremamente rischiosa. Molte ricerche mettono in luce il pericolo di voler a tutti i costi passare dalla penna alla tastiera, come a suo tempo si fece dal pennino alla penna. Non è la stessa cosa. La penna ha il vantaggio di poter incidere su un vero materiale fisico, sviluppando così, in modo più completo, le tante connessioni neurocerebrali in gioco. L’uso della penna facilita l’apprendimento soprattutto per i suoi tempi dilatati, che costringono a selezionare i concetti più importanti e, di conseguenza, assimilarli meglio. Già nel 2007, una ricerca pubblicata da Connelly, psicologo della Oxford Brookes University, e altri sul «British Journal of Educational Psychology» dimostrava che i temi scritti a mano dai bambini delle scuole primarie erano migliori rispetto a quelli scritti con una tastiera. Addirittura, dallo stesso studio emerse che i temi scritti al computer sembravano fatti da soggetti il cui sviluppo era indietro di due anni (un bambino di terza scriveva quindi come un bambino di prima).

Nel 2011, lo studio di Sandra Sulzenbruck analizzò il rischio che l’utilizzo continuo della tastiera per la produzione di testi possa contribuire in modo significativo alla perdita delle capacità di scrittura a mano. Anche i vari studi condotti dalla neuroscienziata norvegese Audrey Van de Meer dimostrano l’importanza dell’aspetto sensomotorio della penna sulla carta. La rivista «Mente& Cervello», nel maggio 2013, riportava una serie di ricerche sviluppate in Francia, Inghilterra e Stati Uniti in cui venivano comparati i risultati dell’apprendimento realizzato su tastiera con quello realizzato con la comune biro o matita.

Questi studi convergono su un’idea molto semplice: la scrittura a mano, nella logica tradizionale dell’incidere il foglio con la penna, permette un coordinamento di motricità fine con componenti neurofisiologiche assolutamente uniche che la tastiera non è in grado di garantire.

La penna consente connessioni neurocerebrali articolate e raffinate assolutamente imparagonabili col puro e semplice battito del dito su una tastiera. Il movimento della mano che traccia lettere e parole implica, nel bambino che sta incominciando a leggere e a scrivere, il riconoscimento di linee, curve, spazi, creando, dal punto di vista cognitivo, una connessione visivo- motoria di grande valore evolutivo.

La scrittura manuale «costringe» a direzionare il movimento della mano a seconda della lettera che si deve scrivere. Inoltre il testo va orientato nello spazio e contenuto all’interno delle dimensioni di un foglio. Questo tipo di azioni attiva la corteccia parietale preposta alla capacità di calcolo, linguaggio, orientamento spaziale e memoria. Più avanti, lo scrivere in corsivo richiederà necessariamente di saper collegare le lettere tra loro. La tastiera, invece, non richiede un simile sforzo: basta picchiettare su tasti tutti uguali e le parole vengono da sé. I rischi della scrittura su tastiera sono chiari: soprattutto nei bambini piccoli viene impedito il corretto sviluppo di alcuni meccanismi cognitivi fondamentali. Sono noti i ritardi che l’uso della televisione, dei video-schermi, dei videogiochi e della tastiera provocano nei processi di lettoscrittura. Occorre ricordarli per evitare, fra anni, di ritrovarci con un aumento drammatico di disgrafie e disortografie se non, addirittura, ritardi nella vera e propria capacità di leggere e scrivere. A volte sono gli stessi venditori di questi prodotti che finiscono per promuovere convegni specifici sul passaggio dalla penna alla tastiera.

Genitori e insegnanti non possono permettere che siano date informazioni non solo sbagliate, ma decisamente in malafede. Le ricerche scientifiche lasciano poco spazio ai dubbi e quindi i bambini vanno, ancora una volta, tutelati nel loro mondo e nel loro pensiero che è pratico, operativo, concreto e sensoriale. Solo in questo modo potranno crescere e raggiungere le altre fasi della vita.

Daniele Novara

Avvenire, 21 maggio 2023