UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Famiglie, la dura vita con la Dad

Tante le difficoltà legate alla didattica a distanza, che si spera possa rimanere soltanto un ricordo
13 Aprile 2021

Il tema che tiene banco nelle chat di classe e nelle chiacchierate tra genitori è la Dad, la didattica a distanza, croce e delizia per insegnanti, studenti e famiglie, specie quelle numerose. Mancanza di spazi, di dispositivi, connessioni “ballerine” sono solo alcune delle problematiche che si riscontrano tra le pareti domestiche da oltre un anno, quando cioè lo tsunami coronavirus ha invaso le vite di tutti. Le difficoltà si aggravano ulteriormente se i genitori sono entrambi docenti e hanno quattro figli tra i 16 e i 9 anni.

È quanto accade nella famiglia di Chiara, dove per lavorare e continuare a seguire al meglio le lezioni ognuno necessita di un proprio computer. «Lo scorso anno è stato essenziale comprare altri due pc», dice. I sei dispositivi collegati contemporaneamente hanno bisogno di un’adeguata connessione, quindi «si è dovuto inevitabilmente acquistare il terzo modem e attivare la connessione a internet in fibra ottica». Da docente analizza i pro e i contro della didattica a distanza che reputa «necessaria» in questo momento in cui il numero dei contagi è ancora elevato, e al tempo stesso «drammatica» quando studenti e famiglie «non comprendono che la Dad richiede la stessa serietà dello studio in classe». Inoltre, quando lo scorso anno è passato il messaggio che nessuno sarebbe stato bocciato, «è stato l’inizio della fine. I ragazzi non hanno più seguito, hanno finto di non avere i dispositivi, la connessione o di aver finito i gigabyte a disposizione, per scoprire poi che avevano trascorso la notte a vedere serie tv. Di contro alcuni genitori si sono lamentati perché i figli trascorrevano per la Dad troppe ore davanti al pc». Parlando delle relazioni interpersonali messe a dura prova dal Covid-19, Chiara afferma che in famiglia quello che ha sofferto di più la mancanza dei compagni di scuola è stato Giorgio, 9 anni. «È il più piccolo ed è l’unico maschietto. Le sorelle maggiori fanno “squadra” e mantengono i contatti con gli amici tramite cellulare, lui è un po’ “isolato”».

Identico lo stato d’animo del piccolo Daniele, che «non vede l’ora di ricominciare a seguire regolarmente le lezioni – racconta la mamma Mary –. Ha nostalgia degli amici con i quali non ha possibilità di interagire durante la Dad». I disagi in famiglia sono molteplici. Tre figli, spazi limitati in casa e un lavoro da portare avanti. Mary gestisce una stazione di servizio con il marito ma spesso si è dovuta assentare «perché le insegnanti richiedono la continua presenza di un adulto accanto ai bambini più piccoli connessi in Dad». Ha dovuto riorganizzare anche le più semplici faccende domestiche perché «se uno dei ragazzi studia in cucina non è possibile preparare il pranzo o accendere elettrodomestici». Emanuele, il figlio più grande, al primo anno di università, per studiare tranquillamente «ha deciso di trasferirsi dai nonni». Irene, l’altra figlia, ha «fatto l’abitudine a questa nuova modalità di studio, frequenta il terzo scientifico e da settembre a marzo è andata a scuola a settimane alterne. «Dal punto di vista didattico i programmi vanno avanti regolarmente – dice –. Sotto l’aspetto relazionale stiamo invece perdendo tanto perché siamo tutti confinati nelle nostre stanze».

Un trasloco e una casa più grande ha reso la situazione «più gestibile» in casa di Letizia. Lei è in smart working da un anno, due figli minori in Dad e uno di 21 anni che segue le lezioni universitarie da remoto. «Lo scorso anno è stato molto difficile – afferma -. Ora il pregio è che ognuno ha i suoi spazi. Inoltre, sono più responsabili e anche i professori si sono potuti organizzare meglio». Il nodo resta sempre quello dei rapporti interpersonali. «Tutte le attività extrascolastiche sono sospese – dice -. I ragazzi passano la giornata davanti al computer o per studiare o per chiacchierare con gli amici. Con lo smart working, poi, gli orari di lavoro non vengono rispettati, è come stare tutto il giorno in ufficio ma senza rapportarsi con i colleghi».

Più pragmatica Martina, 11 anni, che ha nostalgia dei compagni di classe ma apprezza «il potersi alzare più tardi ed evitare di uscire nelle mattinate fredde». Gli amici li vede comunque. Su Zoom.

Roberta Pumpo

Roma Sette, 4 aprile 2021