UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Educazione, una rete per aiutare le scuole

Una giornata di studio promossa dall’Università Cattolica sulla proposta di legge Iori per il sostegno e lo sviluppo della comunità educante
20 Maggio 2022

Disturbi del comportamento alimentare, ansie di diversa natura, difficoltà di apprendimento. Sono alcuni degli allarmanti disagi psicologici causati dall’emergenza sanitaria su bambini e adolescenti. Non sono le uniche fragilità scaturite dalla pandemia che ha messo a nudo alcune vulnerabilità esistenti nella scuola già prima del Covid.

Risponde all’esigenza di trovare una “cura” al malessere dilagante tra le giovani generazioni la proposta di legge 2527 “Fondo per il sostegno e lo sviluppo della comunità educante”, di cui la prima firmataria è la senatrice Vanna Iori, membro del Comitato d’indirizzo dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori. «È un modo per recuperare la progettualità futura» e di cui «la scuola deve diventare il centro» senza oberarla ulteriormente, spiega la senatrice intervenuta a una giornata di studio promossa il 16 maggio dalla facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica con il contributo della Conferenza universitaria nazionale di scienze della formazione (Cunsf) e della Società italiana di pedagogia (Siped). Un confronto a più voci, dove, accanto a docenti, dirigenti e rappresentanti di associazioni professionali, hanno preso la parola anche il senatore Andrea Cangini, capo gruppo Forza Italia e Segretario nella 7ª Commissione, e la senatrice Simona Malpezzi, presidente del gruppo del Partito Democratico. A riprova che si tratta di una proposta trasversale e «firmata dai componenti di tutte le forze politiche presenti in Commissione», precisa la senatrice Iori.

In concreto il disegno di legge prevede l’inserimento di tre figure professionali – il pedagogista, l’educatore e lo psicologo – che, in carico ai comuni, sono assegnati alle scuole o a reti di scuole per affiancare il lavoro dei docenti, dei genitori ma soprattutto della comunità educante al fine di mettere a sistema tutte le risorse educative territoriali.

«Tutti abbiamo attraversato un periodo difficile a causa della pandemia e delle conseguenze che inevitabilmente ha avuto sulle attività educative, sulla vita dei bambini e dei ragazzi, sull’organizzazione scolastica, sul lavoro degli insegnanti e dei docenti», rimarca Domenico Simeone, preside della facoltà di Scienze della formazione e presidente Cunsf. «Senz’altro il fatto di aver potuto svolgere le lezioni a distanza, o con una didattica integrata, ha permesso di non sospendere l’attività educativa». Tuttavia, «non possiamo nascondere alcune problematiche» sorte in questo periodo che, diventato più lungo del previsto, ha messo a dura prova non solo la «capacità di programmazione e di progettazione» ma anche quei «processi di condivisione, di scambio, di socializzazione» che rendono l’esperienza scolastica, oltre che un’esperienza di «apprendimento individuale», un’occasione di «crescita condivisa».

È proprio per dare ascolto a questi bisogni che nasce il disegno di legge 2527. «Spesso si parla di comunità educante ma come capita quando ci sono parole passepartout il rischio è svuotarle di senso e di significato», avverte il preside Simeone. «Credo che invece vada data la giusta rilevanza a questo termine» perché, se come recita quel famoso proverbio africano “per far crescere un bambino c’è bisogno di un intero villaggio”, «per costruire un villaggio dell’educazione c’è bisogno di bambini che abitino il villaggio insieme agli adulti». Ma c’è anche bisogno «di adulti che costituiscano un patto educativo dove ciascuno possa esercitare la propria responsabilità».

D’altronde, «in un Paese con problematiche molte serie di dispersione e abbandono scolastico, questa proposta prova a mettere insieme tutti gli attori che possano collaborare: scuola, famiglia, studenti, servizi territoriali, Terzo Settore», segnala Massimiliano Fiorucci, direttore del Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Roma tre e presidente della Siped. E «dove figure importanti come educatori, pedagogisti, psicologi accanto a insegnanti, dirigenti, personale Ata, famiglie possano veramente costruire una rete di protezione». Con un obiettivo: rendere effettivo quel diritto di “scuola aperta a tutti”, così come previsto dall’articolo 30 della Costituzione italiana. Tutto ciò «attraverso figure che non hanno alcuna intenzione di sostituirsi a quelle degli insegnanti ma di lavorare insieme e offrire un sostegno educativo-pedagogico alle persone che esprimono delle fragilità».

Da sole le leggi non bastano. Servono anche investimenti. «L’educazione, la formazione, l’istruzione hanno bisogno di risorse», ribadisce Giorgio Crescenza, del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. E «se uno Stato non investe sulle future generazioni, anche attraverso lo strumento di questa proposta di legge, è un Paese destinato a morire». Va colta, dunque, l’opportunità per disegnare, alla luce della pandemia, una «nuova sostenibilità formativa» ed evitare così il propagarsi delle disuguaglianze che incidono sulle giovani generazioni e sul futuro dell’Italia.

Katia Biondi

(da Cattolica News, 17 maggio 2022)