UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Educazione, la sfida di lanciare «proposte affascinanti»

Il confronto tra l’arcivescovo Vincenzo Zani e lo scrittore Eraldo Affinati sul libro di don Julian Carrón su educazione e comunicazione di sè
9 Novembre 2020

Se il mondo degli adulti vive nella fragilità e nel disorientamento, dove possono trovare indicazioni utili per la vita i giovani? L’allarme sull’emergenza educativa è suonato da tempo, e papa Francesco se ne è fatto interprete lanciando un’iniziativa internazionale per la costruzione di un Patto educativo globale che metta al centro il bene integrale della persona. Il Centro internazionale di Comunione e Liberazione ha promosso una serata online su questi temi (è possibile rivederla sul canale YouTube di Cl) che ha messo a confronto - interpellati dalla giornalista Monica Maggioni - il segretario della Congregazione pontificia per l’educazione cattolica, l’arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, lo scrittore e insegnante Eraldo Affinati e il presidente della Fraternità di Cl, don Julián Carrón, che recentemente ha pubblicato un libro come contributo del movimento su questi temi dal titolo Educazione: comunicazione di sé edito da San Paolo.

L’arcivescovo Zani ha sottolineato la mole di contributi che sta arrivando alla Santa Sede da persone e associazioni di vari orientamenti – anche tra fedeli di differenti religioni e tra non credenti – che condividono l’urgenza di un lavoro per dare vita a un’educazione «meno ingessata e formale, più inclusiva, aperta al dialogo e capace di collaborare all’edificazione di una umanità più fraterna. L’orizzonte comune deve essere la promozione della persona in tutte le sue dimensioni e la parola chiave sulla quale lavorare è “esperienza”. Non si tratta di trasmettere teorie, ma piuttosto di fare una proposta che risulti affascinante per i giovani, soprattutto in un momento dominato dall’incertezza e dalla paura determinate dalla pandemia».

Ora più che mai servono figure di riferimento capaci di camminare al fianco dei ragazzi e che abbiano il coraggio di lasciare le “comfort zone” in cui spesso si rifugiano gli adulti, per affrontare il rischio che ogni dinamica educativa porta con sé. È quello che provano a fare i volontari dei centri Penny Wirton, una filiera di esperienze fondata da Eraldo Affinati dove viene insegnata la lingua italiana a migranti arrivati da poco nel nostro Paese - spesso minori non accompagnati -, seguendo una dinamica basata sul rapporto “uno a uno” e su un forte coinvolgimento personale. «Educare – osserva Affinati – implica la disponibilità a lasciarsi ferire, a trasformare la “mancanza” in un punto di ripartenza, a rinnovare il linguaggio, a far sì che le parole siano la secrezione di un’esperienza».

Annuisce don Julián Carrón, che ricorda l’insegnamento di Luigi Giussani: le parole sono suoni per coloro che non si impegnano, mentre sono il nome di un’esperienza per chi le vive. «Nel cambiamento d’epoca che stiamo attraversando non servono strategie elaborate a tavolino o istruzioni per l’uso per ridestare una speranza. I giovani sono stufi di ascoltare parole vuote, hanno il detector per intercettare chi offre un’esperienza da vivere. Il tempo che viviamo, e le sfide che l’emergenza Covid porta con sé, sono una grande occasione per testimoniare una proposta che solleciti la loro libertà».

Giorgio Paolucci

Avvenire, 7 novembre 2020