Gli oratori e i servizi di doposcuola proposti nelle parrocchie di Lecco sono alcuni dei tanti 'punti educativi', che da un anno sono sempre più luoghi di riferimento per i giovani e le loro famiglie: questo grazie anche al progetto “EducAzioni”. Nell’ultimo anno il bisogno di connettere i presidi contro il disagio giovanile che attanaglia la città lariana è diventato impellente.
«Con “EducAzioni” abbiamo avuto il coraggio di aggregare diverse realtà del mondo educativo e del volontariato, dalle parrocchie alle fondazioni, per contrastare le povertà educative e potenziare i servizi esistenti», spiega Manuela Farinelli di Sineresi, la cooperativa capofila del progetto. Non è un caso se i risultati del primo anno di attività siano stati presentati negli spazi della parrocchia di San Francesco che nei mesi scorsi è stata teatro di risse e di episodi violenti tra baby gang. «Di recente abbiamo vissuto situazioni diseducative nella nostra zona e nel nostro oratorio, ci tenevamo a mostrare invece che le buone iniziative continuano e puntano ai giovani. E stanno dando i loro frutti», ha sottolineato fra Gabriele.
Grazie al finanziamento di fondazione comunitaria del lecchese e fondazione 'Enrico Scola', sono state allestite due aule studio con i computer: una all’oratorio San Francesco e la seconda alla Casa sul Pozzo guidata da don Angelo Cupini che aiuta i ragazzi stranieri a migliorare con l’italiano e da oggi con il linguaggio - altrettanto complesso - della tecnologia. «In questo primo anno abbiamo raggiunto all’incirca quattrocento ragazzi: l’obiettivo è quello di essere sempre più capillari a Lecco, creando più punti educativi. Ad oggi abbiamo avviato attività, soprattutto di doposcuola, negli oratori di Santo Stefano, Belledo, Maggianico, Chiuso, Lecco centro e San Giovanni. Il supporto scolastico si è ridotto a seguito della pandemia, anche perché si poggiava sul volontariato, rigenerarlo è fondamentale», conclude Manuela Farinelli.
Il prossimo passo di “EducAzioni” consiste nell’aprire un dialogo con il comune «affinché l’azione del progetto sia incisiva per i ragazzi, ma coinvolga sempre di più anche le famiglie, cercando di intercettare le fragilità prima che si riflettendo su di loro», conclude Manuela Farinelli. Perché se l’emergenza sanitaria ha le sue colpe, i problemi per molti ragazzi partono dalle famiglie.
Luca Cereda
Avvenire, 20 novembre 2021