«Ho inviato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione il decreto che consente l’avvio, già da questo anno scolastico, dell’insegnamento obbligatorio dell’Educazione civica. Una legge che rilancia la partecipazione alla vita civica, culturale e sociale dei nostri ragazzi, promuovendo il rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri ». È finita nel tardo pomeriggio di ieri, con questo messaggio Facebook del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, l’attesa per conoscere il destino della legge 92, che ha (re)introdotto l’Educazione civica nelle scuole. Una gestazione a dir poco faticosa, visto che il Miur è dovuto ricorrere a un decreto urgente per superare l’enpasse dell’effettiva introduzione della materia nelle scuole.
Secondo il testo approvato in via definitiva dal Senato lo scorso 1° agosto e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 agosto, l’insegnamento dell’educazione civica è introdotto «a decorrere dal 1° settembre del primo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge». Siccome la legge entrerà in vigore il 5 settembre, trascorsi i canonici quindici giorni della pubblicazione, il primo anno scolastico utile sarebbe il 2020-2021. Invece, come dichiarato dallo stesso ministro, le 33 ore annuali di Educazione civica, dovranno essere inserite già nel monte orario dell’anno scolastico 2019-2020, ormai ai blocchi di partenza.
«Il decreto consente di partire già da questo anno scolastico – si legge in una nota del Miur – attraverso una sperimentazione nazionale in tutte le scuole del primo e secondo ciclo. Il parere del Cspi è obbligatorio in caso di sperimentazioni nazionali – prosegue il comunicato –. Di qui la richiesta affinché si esprima con procedura d’urgenza per poter procedere, poi, alla successiva firma. Sempre al Cspi, ai primi di agosto, sono state inviate le Linee guida per lo studio dell’Educazione civica necessarie alle scuole per poter attuare la norma».
Che ancora non si sa da chi sarà effettivamente firmata. Se da Bussetti o dal ministro di un nuovo governo. A monte, però, c’è una questione ancora più stringente, sollevata dal presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli. «A nostro giudizio – sottolinea – la norma non è applicabile. Non spetta al ministro in carica, non è in suo potere decidere quali materie si insegnano a scuola. L’Educazione civica obbligatoria presuppone un voto. Dal quale potrebbe anche dipendere la bocciatura di uno studente. Ma, se la norma che ha introdotto la materia che, a sua volta, ha provocato la bocciatura, non ha validità legale, qualsiasi Tar potrebbe invalidare quella bocciatura, in caso di ricorso dell’alunno. Il problema – aggiunge Giannelli – non è, allora, verificare se le scuole sono pronte o meno o chi dovrà insegnare questa nuova materia, ma proprio la validità legale della norma che l’ha introdotta e del voto che sarà espresso. E non mi pare una questione da poco».
Paolo Ferrario
Avvenire, 28 agosto 2019