UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Educare alla fraternità, una questione di fiducia

Facendo propri gli appelli dell’Enciclica di papa Francesco, le scuole e i nidi Fism mettono in campo percorsi per i più piccoli
21 Dicembre 2021

Due foto hanno fatto il giro nei social: bambini aggrappati al filo spinato al confine tra Bielorussia e Polonia e la bambina nata tra le onde su un barcone. Queste due realtà sono il segno dell’intreccio tra crudeltà e speranza, tra fraternità e disumanità. Gli sguardi di quei bimbi e il vagito della piccola si uniscono al lamento di Abele che attraversa la storia assieme al grido di Caino e rieccheggia decisa la domanda di Dio: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,8-9).

Papa Francesco è forse il Pontefice che più ha parlato di educazione e anche l’Enciclica «Fratelli tutti» (2020) rimanda alla costruzione di un’umanità nuova e di un mondo nuovo attraverso il processo formativo delle coscienze che coinvolge bambini e adulti. La sfida è tra il transumanesimo teorizzato da Google e il neoumanesimo che rimette al centro l’uomo in una autentica rivoluzione sociale, relazionale ed etica. I tratti sono quelli dell’antropologia della figliolanza che si declina in quella della fratellanza.

Il mondo delle scuole della Fism ha accolto la sfida culturale e ha messo a tema i messaggi e le provocazioni dell’Enciclica, sviluppando nelle realtà concrete della esperienza vitale delle comunità scolastiche, percorsi di educazione aperta ed inclusiva che guarda al volto dell’altro, oltre le appartenenze. Le scuole hanno maturato e sviluppato la consapevolezza che per educare un bambino ci vuole un villaggio, secondo l’adagio africano, ma parimenti per formare un villaggio ci vogliono i bambini che sono il segno delle generazioni future.

Dall’osservazione e dall’ascolto attento dei bambini e dal confronto con i dati di ricerca, abbiamo constatato che l’egocentrismo che pareva caratterizzare la vita e l’esperienza dei piccoli, in realtà cede il posto alla prosocialità quale capacità di rispecchiarsi nella reciprocità dei volti. Basta visitare una nursery e ci accorgeremo che se un bambino piange, immediatamente gli altri gli fanno eco e 'solidarizzano' con lui; osserviamo ancora la capacità di con-dividere dei dolciumi o dei giochi e di consolare e incoraggiare da parte dei bambini più grandicelli.

Robert Roche, docente di psicologia alla Universitat Autònoma de Barcelona ha contribuito con significative ricerche sperimentali a esplorare la valenza prosociale nei bambini e negli adulti. Si evidenzia che si diventa prosociali condividendo esperienze di tal segno fin da piccoli, in famiglia e nel processo educativo della scuola che favorisce contesti nei quali sperimentare la condivisione altruistica. Nella prima scuola registriamo un 'gioco parallelo' che, se debitamente accompagnato ed orientato, diventa attenzione all’altro nel piccolo gruppo, costruendo reciprocità anche nel lavoro a coppie. La variabile del clima accogliente e del comportamento adulto diventano decisivi poiché in essi il bambino si specchia.

La Sacra Scrittura riporta un episodio altamente eloquente di come l’adulto possa 'inquinare' l’autenticità e la spontaneità dei bambini: «Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana [...] scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: 'Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco'» (Gen 21,9-10). L’innocente gioco di due bambini poteva essere preludio di una più ampia fraternità che implicava per l’adulto scelte di condivisione inaccettabili. E l’adulto 'guasta la festa'. Le scuole Fism stanno declinando percorsi di accoglienza, protezione e integrazione, condividendo un cammino sui sentieri tracciati dall’Enciclica nella direzione pro-attiva affinché la noità prevalga sulla egoità.

La presenza di bambini e famiglie provenienti da Paesi 'lontani' fa sperimentare la condivisione e l’apertura alla mondialità. La narrazione di Antoine De Saint-Exupery evidenzia i punti di vista distanti tra bambini e adulti: «I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano delle cose essenziali. Non si domandano mai: 'Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti?...'. Ma vi domandano: 'Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?'. Allora soltanto credono di conoscerlo ». I grandi vogliono 'soppesare' le persone privilegiando ruoli e quantità, i bambini, invece, colgono i vissuti qualitativo-relazionali.

In questa stagione socio-culturale i bambini non sperimentano nei propri contesti familiari la condivisione della 'comuntà fraterna', dal momento che sono numerosi i figli unici; la sapiente progettazione pedagogico- didattica degli insegnanti farà scoprire la dimensione della fraternità nell’incontro a scuola con i pari, palestra di pro-socialità.

Per secoli l’adagio «homo homini lupus» ha dato forma alle relazioni tra persone, popoli e culture. L’Enciclica cambia approccio e registro relazionale, confermando quanto la Dichiarazione di Siviglia (1986) dal punto di vista della ricerca interdisciplinare affermava; i più autorevoli psicologi, neurofisiologi, etologi di tutto il mondo in maniera inconfutabile indicavano che: «È scientificamente sbagliato dire che la guerra o qualunque altro comportamento violento sono geneticamente programmati dalla natura umana; gli esseri umani hanno un cervello violento; la guerra è causata dall’istinto. Concludiamo che la biologia non condanna l’umanità alla violenza e alla guerra e che l’umanità può essere liberata dal vincolo del pessimismo biologico. La stessa specie che ha inventato la guerra è capace di inventare la pace». L’educazione sin dai più piccoli è chiamata ad avviare un processo di liberazione estirpando pregiudizi consolidati, facendo sperimentare esperienze alternative di fratellanza.

Bruno Forte, responsabile Area pedagogica Fism

Avvenire, 21 dicembre 2021