Sul tavolo ad attrarre gli investitori ci sono i soldi del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per creare alloggi per gli studenti, in modo da ampliare il diritto allo studio e aumentare le competenze specialistiche e la competitività del nostro Paese. Si parla di 1,2 miliardi di euro di fondi europei da guadagnarsi per colmare quel vuoto racchiuso nel misero 27% di 30-34enni italiani che hanno conseguito una laurea o un dottorato. Percentuale ben al di sotto alla media europea che raggiunge il 41,6%.
Per garantire il diritto allo studio a sempre più giovani sicuramente vanno ripensati e ridotti i costi per la casa sostenuti dagli studenti fuori sede, che tante volte abbiamo visto protestare dormendo in tenda davanti agli atenei universitari. Come messo in luce, anche durante il convegno “Italia chiama Europa - Il futuro degli studentati al 2030” realizzato da Scenari Immobiliari per Re.Uni, l’associazione che riunisce i tre principali player del settore student housing italiano (Camplus, CampusX e Joivy) e bedStudent, attualmente di posti letto ce ne sono solo 85mila: di questi 49mila sono all’interno di studentati presenti su tutto il territorio nazionale. In rapporto al numero di studenti fuorisede, la copertura dei posti letto offerti dal mondo strutturato dei collegi universitari si attesta al 7,3 per cento; mentre il tasso di copertura generale pure rimane contenuto (12,7%) e al di sotto del livello medio europeo pari al 17%. Ora con gli incentivi del Pnrr si punta a far crescere questi numeri nei prossimi cinque anni, con un incremento di 28mila posti letto entro il 2027, raggiungendo un totale di oltre 100mila unità: si stima, inoltre, che il tasso di copertura possa crescere raggiungendo il 15% entro tre anni, limitando il divario nazionale con la media europea.
«L’attuale divario tra l’offerta esistente e la crescente domanda di alloggi universitari sta creando una grande opportunità per gli investitori immobiliari – ha spiegato il presidente di Scenari Immobiliari, Mario Breglia –. L’attrattività del settore è confermata dal sempre più alto numero di sviluppatori, player e operatori di mercato. In particolare, gli studentati in pipeline si caratterizzano per una struttura degli investitori che vede attori diversi coinvolti, perlopiù fondi immobiliari o società straniere di investimento». Va ricordato che il bando da 1,2 miliardi di euro è gestito dal ministero dell’Università e della Ricerca con il sostegno di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) che lo sta presentando in giro per tutta Italia con l’idea di coinvolgere sempre più investitori attratti dai rendimenti offerti dal settore, ma anche dalla domanda in costante crescita di alloggi moderni e soprattutto dagli incentivi previsti dal Pnrr. Già nel 2023 sono già stati investiti 315 milioni di euro in studentati e alloggi per gli universitari, pari al 45% del totale degli investimenti del settore residenziale.
L’offerta di posti letto in studentati è ancora insufficiente rispetto alla domanda: se le città del Nord Italia sono quelle con la maggiore offerta, sono anche le più care sotto il profilo dei canoni d’affitto, saliti in media del 12% nell’ultimo anno. Le città con le variazioni più elevate sono state Bari, Lecce, Brescia e Bologna; mentre a Milano, il canone per una stanza singola nei quartieri universitari è arrivato a 10mila euro all’anno: circa 860 euro al mese, a Venezia si tocca la soglia mensile dei 650 euro sempre per una stanza e Roma sono 620 euro. In ragione di questi aumenti il mercato dello student housing in Italia ha un grande potenziale di crescita, perché fortissima è la richiesta: attrarre gli investitori e gli operatori del settore è un’occasione per contribuire a soddisfare questa forte domanda di alloggi moderni e di qualità per gli studenti fuori sede.
La maggior parte di questi nuovi sviluppi residenziali si concentrerà nelle regioni settentrionali del Paese (circa il 75%), con città come Milano, Torino, Padova e Bologna che giocheranno un ruolo primario, seguite da Roma e Bologna. Solo una piccola parte delle nuove residenze universitarie, inferiore al 5%, sarà realizzato nelle regioni del Mezzogiorno. La restante quota, pari al 20%, riguarderà le regioni centrali. Questa distribuzione non omogenea dei posti letto non farà altro che aumentare il divario tra i poli universitari del Nord e quelli del Mezzogiorno, acuendo ancor di più il problema che affligge gli atenei del Sud Italia, che stanno vivendo negli ultimi anni un calo significativo di iscrizioni e in cui il tasso di copertura dei posti letto è ben al di sotto della media nazionale (8,8%).
Ilaria Solaini
Avvenire, 12 luglio 2024