UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Duemila giovani in rete per superare la paura della pandemia

La Fondazione “Scholas Occurrentes” ha fatto incontrare online per sei mesi ragazzi di 15 Paesi, insegnando loro ad esprimere l’ansia
11 Novembre 2020

Ansia, rabbia, frustrazione. Sono i sentimenti più comuni provati dagli adolescenti che, negli ultimi mesi, hanno visto le loro esistenze travolte dalla pandemia. Lo stop alle lezioni in presenza, i limiti alla socialità, la sospensione delle attività sportive hanno costretto i ragazzi in una 'cattività' che molto spesso fanno fatica ad elaborare. Una questione tutt’altro che secondaria. Le conseguenze sulla salute emotiva dei giovani possono essere durature.

Da questa preoccupazione – condivisa dai direttori José María Del Corral ed Enrique Palmeyro e papa Francesco – è nato il primo Cyber incontro mondiale realizzato nell’ultimo semestre da Scholas Ocurrentes. La Fondazione pontificia, con l’aiuto di docenti e formatori, ha messo in contatto duemila adolescenti di quindici differenti Paesi, dalla Spagna all’Argentina al Giappone.

Ogni settimana, i ragazzi – di differenti religioni, culture e tradizioni – si sono ritrovati nell’aula senza pareti di Scholas per confrontarsi sul Covid e sulle conseguenze dell’emergenza in atto. Nessuno ha disertato l’appuntamento nonostante le lezioni cominciassero molto presto per quanti risiedono a Los Angeles, o molto tardi per gli abitanti di Tokyo. «Vedo sempre qualcosa di positivo in tutto, sebbene siamo in un momento di crisi, siamo ancora in piedi; non come amici o conoscenti, ma come la grande famiglia che è Scholas», ha raccontato Braian di Panama.

In questi incontri a distanza, i ragazzi hanno avuto occasione di riflettere a fondo sulla crisi e di rielaborala insieme. Sono significativi gli scritti composti nel corso del progetto. Per un adolescente portoghese, che vuole restare anonimo, il pc, attraverso cui si collega con gli amici di Scholas, è diventato un abbraccio consolatore. Altri, come Radka del Mozambico e Zulay, della Colombia, trovano finalmente le parole per esprimere lo smarrimento sepolto nel petto. «Pretendere di vivere la stessa realtà» e «sognare la precedente», è il desiderio con cui Zulay si trova a fare i conti. Sam, del Messico, dice di aver potuto aprire la «cassa di sogni» che teneva nascosta in un angolo.

Questo esercizio collettivo ha alleviato le tensioni dei ragazzi coinvolti. Al termine del percorso, il sentimento di disagio e nervosismo nei partecipanti - in base ad uno studio realizzato dalla Fondazione - si è ridotto del 41 per cento, la tristezza del 64 per cento, la gioia addirittura è aumentata di oltre il 65 per cento. Risultati per i quali il Papa ha espresso soddisfazione: grazie ha detto - per «aver aperto, in mezzo alla reclusione e alla morte che questa pandemia ci ha lasciato, uno spazio per l’incontro con la Vita».

Lucia Capuzzi

Avvenire, 10 novembre 2020