Obiettivo «adolescenti dispersi ». Sono circa diecimila i ragazzi che vanno ai doposcuola nelle parrocchie della diocesi di Milano. E quasi nove su dieci frequentano le elementari o le medie, mentre solo il 10,5% va alle superiori. Ma è proprio fra gli adolescenti che sta emergendo una sfida educativa che la diocesi non vuole ignorare. Fra dispersione scolastica, mancata acquisizione del diploma o mancato raggiungimento delle competenze previste, si fa sempre più grave il problema degli «adolescenti dispersi»: una deriva i cui segni premonitori si possono a volte riscontrare già alle medie. E che richiede un’azione precoce, per non esporre i ragazzi al rischio di insuccessi futuri sempre più difficili da recuperare.
La diocesi in campo. È per rispondere alla sfida degli «adolescenti dispersi» – come li chiama il comunicato di Caritas Ambrosiana diffuso ieri – che la diocesi vuole riorientare e innovare i propri doposcuola avviando un percorso di formazione rivolto a responsabili e volontari. Il via? Domani col seminario ospitato dalle 9,30 nella sede della Caritas, in via San Bernardino 4, a Milano, dove interverranno Francesco Dell’Oro (esperto di orientamento) e Alberto Morlacchi (Fondazione Clerici). «Se è vero che i doposcuola parrocchiali si rivolgono prevalentemente ai più piccoli – spiega Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana – vorremmo con i responsabili e i volontari intercettare sempre di più anche gli adolescenti, per aiutare la scuo- la a dare una risposta formativa più efficace proprio in quelle fasce di età dove i risultati sono peggiori, come le recenti ricerche dimostrano».
Quando la scuola non basta. Come emerge dal rapporto Invalsi rilanciato dalla Caritas, in Lombardia il 15% dei ragazzi e delle ragazze non si diploma. E anche quando acquisisce il titolo, ha conoscenze e competenze tanto basse che è come se non si fosse diplomato. Un dato migliore rispetto a quello nazionale (20%) ma inferiore alla media europea (10%). Secondo gli ultimi dati disponibili sulla diocesi di Milano – raccolti nel 2016 – sono circa diecimila i ragazzi seguiti in 302 doposcuola (erano 207 nel 2010): il 52% frequenta la scuola primaria, il 34,2% la secondaria, il 10,5% le superiori (questi erano il 5,1% nel 2010). Il 57,8% è di origine straniera; il 12,7% ha disturbi specifici dell’apprendimento; l’1% sono disabili; il 34,6% proviene da famiglie con problemi economici, il 26,1% da famiglie con problemi di lavoro.
Fra oratorio e volontari. Sempre secondo il censimento del 2016, il 45% dei doposcuola è nato per iniziativa del parroco, il 51% per iniziativa dei volontari che vi prestano servizio, il 61% è ospitato nei locali dell’oratorio. I volontari sono stimati in circa cinquemila nell’intera diocesi. E il 67,9% sono donne. Il 23,3% dei doposcuola aiuta i ragazzi a fare i compiti, il 18,8% cerca di colmare le loro lacune. Il 34,5% dei doposcuola parrocchiali, nel 2016, aveva un operatore assunto e retribuito (era il 25,3% nel 2010). La collaborazione con le scuole? Significativa: il 67% dei frequentanti è inviato dagli insegnanti.
Lorenzo Rosoli
Avvenire, 29 novembre 2019