Capaci di uno sguardo diverso, ossia che volge in una direzione nuova, le teologhe «rappresentano una funzione critica della Chiesa». Ne è convinta Manuela Terribile, teologa e tra i soci fondatori del Coordinamento delle teologhe italiane ma «più di tutto una ex insegnante di religione cattolica nei licei». Non è secondaria questa specificazione dell’esperta in ecclesiologia perché «le donne che insegnano hanno molto da dire» e lo fanno «a partire da un’auto-percezione ecclesiastica diversa da quella dei ministri, avendo una biografia propria che le identifica», per cui «la loro parola non è equivalente a quella dei colleghi». Non c’è presa di posizione femminista o che intenda creare un raffronto gerarchico nelle riflessioni di Terribile ma unicamente la consapevolezza che «c’è una competenza teologica estesa tra le donne, che vuol dire che una soggettività parziale è entrata e ha quindi immesso un elemento “di parzialità” nel discorso teologico, che non è neutro e congelato», mentre «la teologia è sempre sembrata un unicum. Invece non è così: è molto cambiata, con la costituzione apostolica Veritatis gaudium ancora di più», sottolinea guardando al documento di Papa Francesco del 2018 sulle università e le facoltà ecclesiastiche. Quando «nel 1973 ho intrapreso gli studi teologici eravamo in tutto 5 donne in Italia, oggi le donne che intraprendono questo percorso sono molte di più», constata Terribile. «Donne, teologia e Chiesa hanno molti punti di tangenza che non sono sempre lineari», sintetizza, anticipando il focus dell’intervento che terrà il prossimo mercoledì, 1 marzo, in occasione dell’incontro formativo per i docenti di religione cattolica della diocesi organizzato dall’Ufficio scuola del Vicariato. Sarà invece una voce maschile e di un consacrato a trattare l’8 marzo, proprio in occasione della Giornata internazionale della donna, di “Paolo e le donne: tra fake news e realtà”, sempre nel contesto della proposta formativa promossa dall’Ufficio diocesano. Don Antonio Pitta, pro-rettore alla Pontificia Università Lateranense e presidente dell’Associazione biblica italiana, con il suo intervento intende «fare luce su un tema molto cavalcato e spesso frainteso» cioè quello «legato all’accusa di misoginìa nei confronti di san Paolo, che invece non esiste affatto», osserva Pitta. «Le prime comunità cristiane erano domestiche e familiari e non urbane e nella domus chi gestiva le cose era la donna», sottolinea. La novità rivoluzionaria del cristianesimo ha per Pitta «portato ad osteggiarlo e a darne delle letture fuorvianti», come quella relativa al ruolo delle donne.
Michela Altoviti
Roma Sette, 26 febbraio 2023