«No, non direi che la visita del Papa possa essere considerata un risarcimento. Tutti abbiamo sofferto e pagato qualcosa. Anche il Papa ne ha avuto. E quello che si è pagato non ce lo può dare il Papa, non ce lo dà la Chiesa, ma Dio». Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, commenta così la visita di papa Francesco a Barbiana. Un gesto che «ci dice semplicemente che quest’uomo, questo sacerdote ha camminato sulla strada giusta, è stato un pastore fedele. E la Chiesa oggi ne riconosce la profezia». Nativo del Mugello, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, conosce bene il priore di Barbiana, per lui è uno di casa. «I profeti li fa Dio – aggiunge – e li fa in un determinato tempo, nunc pro tunc, ora e per dopo. E allora io dico che di don Mazzolari c’è bisogno oggi, e così di don Milani».
Quella di andare a Bozzolo e Barbiana è ancora una volta una scelta in direzione degli ultimi. «Come quella di andare a benedire le case – continua il presidente della Cei –. Che vuol dire? C’era bisogno che il Papa andasse a benedire le case? Voleva dire: sacerdoti ricordatevi di visitare le vostre famiglie. Sono segni esemplari che il Papa fa come pastore di tutta la Chiesa perché noi possiamo seguirlo. E certamente è un fatto esemplare andare sulle tombe di don Mazzolari e di don Milani».
Nella riflessione del porporato non può mancare il ricordo personale di don Milani. «Era un uomo che aveva un’intelligenza creativa e che io, per le sue scelte così radicali e coerenti e per il primato che ha dato alla coscienza, ho spesso paragonato a Newman. Lui è stato, diciamo così, un po’ come Gesù: un segno di contraddizione». Bassetti racconta come fosse ieri l’incontro avuto con don Milani, da seminarista quando partì in lambretta da Firenze con un suo amico del Seminario, di nascosto perché il rettore non gli avrebbe potuto dare il permesso. «Ma ci venne il desiderio di conoscere questo prete, che vedevamo sulle riviste ». Quell’incontro è rimasto fissato nella sua memoria: «A Barbiana don Milani ci venne incontro sulla strada: “Chi siete?” chiese. Eravamo in talare, ci riconobbe come due seminaristi. “Avete chiesto il permesso al rettore? – aggiunse –. “No”. “Ecco, si comincia male”, disse. “Fossi io il rettore vi butterei tutt’e due fuori dal Seminario, perché siete disobbedienti”. Questo era don Milani». Si è parlato molto del paradosso di questa “disobbedienza obbedientissima” del priore di Barbiana. Lei cosa ne pensa? «Se don Milani non fosse stato obbedientissimo, non avrebbe avuto senso la visita di papa Francesco a Barbiana, perché sarebbe stato uno dei tanti preti anticonformisti che si sono distinti con un carattere estremamente forte… Ma don Milani non è tutto questo. Don Milani è un prete fino in fondo, un uomo con una fedeltà assoluta alla Chiesa e alla sua coscienza».
Eminenza, lei ha parlato di primato della coscienza… «È Il coraggio suggerito da Dio di dire la verità senza disobbedire alla Chiesa. Obbedire a Dio prima che agli uomini e loro, don Mazzolari come don Milani, l’hanno fatto. Ma queste sono delle costanti e delle linee direttrici per la Chiesa di ogni tempo». Don Milani è un sacerdote che dopo l’esperienza di Calenzano, piuttosto breve, va certamente inquadrato per quindici anni, dal 1952 a 1967, a Barbiana, dove è stato parroco solo di un centinaio di anime. È ancora incompreso don Milani secondo lei? «Non credo che tutti l’abbiamo compreso – sottolinea il presidente della Cei –. Quando la sua mamma è andata per la prima volta a Barbiana scrive una lettera dove lei gli dice: “Lorenzo non avere paura… parleremo con il cardinale, prima o poi te leva da lì,stai tranquillo”. E lui le dà una riposta feroce. È l’unica volta: “Tu misuri la dignità di un prete dalla grandezza della parrocchia. Ma che importa se un parroco ha dieci anime o ottantamila, quando è chiamato ad annunciare il Vangelo e a fare il prete nell’obbedienza dove stato chiamato. Io sono contento di essere a Barbiana e ti dico che voglio morire a Barbiana”. Don Milani è un prete fino in fondo intriso della sua missione della grazia di Dio. Non si spiegano né Mazzolari né Milani senza il tocco della grazia di Dio, senza il loro attaccamento ai sacramenti, alla visione sacramentale della Chiesa».
Mazzolari e Milani, «preti autentici», modelli che possono essere riproposti anche alla Chiesa di oggi. Per don Mazzolari sta per aprirsi la causa di canonizzazione. Secondo lei è santo don Milani? «Don Lorenzo Milani è santo, per come l’ho conosciuto io, è un santo». «Del resto – aggiunge il cardinale Bassetti – chi è il santo? Non è quello che ha meno difetti di tutti o che moralmente ha il profilo più alto di tutti, questa non è la santità. Il santo per me è uno che è vaccinato di Spirito Santo. E lo rimane certo… anche con il suo caratteraccio, perché don Lorenzo a volte ha avuto dei modi di trattare quasi al limite. Ma possiamo dire è un santo, anche senza aureola riconosciuta canonicamente, perché tutto in lui nasceva dalla purezza del cuore e in questo modo insegnava e andava avanti nella ricerca della perfezione, confidando nella realtà dei sacramenti». La sua osservazione non stenterebbe certo a trovare consensi anche presso i suoi ex alunni e a quelli che sono stati accanto al priore di Barbiana, ma che forse non vorrebbero la sua canonizzazione. «Vuole un mio parere? Preferirei ora tenermi il mio Lorenzo con me, che per me è un grande santo, anche senza l’aureola. Non c’è bisogno che don Lorenzo faccia i miracoli, perché la sua vita è stata un miracolo».
Stefania Falasca
Avvenire, 21 giugno 2017