Quale deve essere oggi il ruolo dell’università? Come ripensare il rapporto tra orientamento universitario e mondo del lavoro? E a quale compito sono chiamati a rispondere, in questo momento, i docenti universitari per essere più presenti nella società? Tutti quesiti a cui l’Aidu, l’associazione italiana docenti universitari, riunita oggi a Napoli, cercherà di rispondere anche alla luce degli insegnamenti di grandi testimoni del messaggio cristiano come Paolo VI, monsignor Oscar Romero e Aldo Moro. Ad aprire la giornata dedicata ad occupabilità e orientamento le parole dell’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe.
La sfida, secondo il presidente della commissione episcopale per Educazione cattolica, scuola e università della Cei monsignor Mariano Crociata, sta nel pensare «in forma non alternativa i due termini e quindi nel cercare di ricomporre nell’idea di università la tensione che rischia di tenerli in competizione». La provocazione, sottolinea, riguarda «l’idea di università, di quel complesso di docenza, di confronto e di ricerca che dovrebbe ricomporsi in un movimento di convergenza verso l’unità del sapere e della persona». Ateneo che oggi è chiamato anche ad interrogarsi su come orientare quella persona al termine degli studi. A ricordarlo il presidente Aidu, Roberto Cipriani, chiamando in causa l’insegnamento e la ricerca scientifica, «l’uno e l’altra mortificati non tanto per questioni economiche quanto per la scarsa considerazione rivolta dai decisori politici». L’università insomma, aggiunge il direttore Ufficio nazionale per l’Educazione cattolica, la scuola e l’università della Cei Ernesto Diaco, deve continuare ad essere «un luogo in cui sia possibile coniugare intelletto e desiderio, ragione e affettività; in cui formare persone capaci di affrontare la complessità del mondo contemporaneo e di dialogare con la diversità; una trama di relazioni che aiutino i giovani a integrare la dimensione spirituale nello studio e nell’impegno culturale». Al professor Luciano Corradini sarà consegnato il premio Aidu 2018.
Alessia Guerrieri
Avvenire, 19 ottobre 2018
Aidu: Alfondo Barbarisi eletto nuovo presidente
Alfonso Barbarisi è il nuovo presidente dell’Aidu-Associazione italiana docenti universitari. La nomina è avvenuta a Napoli nell’ambito del XIX Convegno Nazionale dell’associazione che quest’anno ha messo al centro il tema "Occupabilità e Orientamento. Una idea di università". Barbarisi, già componente del Consiglio direttivo di Aidu, è un docente universitario e chirurgo italiano. Tra gli incarichi che riveste in ambito medico-scientifico va ricordato il ruolo di presidente dell’European society of surgery, presidente del Collegio dei professori ordinari e straordinari di Chirurgia, presidente della Società italiana tumori, direttore della “IX Divisione di chirurgia generale, vascolare e biotecnologie applicate” dell‘Azienda ospedaliera universitaria – Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli. «Bisogna intendere la formazione in linea orizzontale – ha affermato a conclusione del convegno di Napoli – cioè non ex-cathedra ma come incontro orizzontale tra formatore e lo studente. Bisogna che ogni docente, a tutti i livelli, riesca con umiltà a comprendere le nuove sfide della contemporaneità ed a reinterpretare il proprio ruolo per incidere con la propria esperienza sulla crescita, non solo accademica, delle nuove generazioni».
In apertura dei lavori, era stato il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, a ricordare che «la Chiesa deve riprendere contatto con la realtà, perché è la cultura che rinnova, che dà senso, che fa crescere la comunità. La cultura ci fa recepire le istanze, i problemi e le necessità del nostro mondo, ognuno nel proprio contesto. La cultura deve “animare” questa realtà!». È fondamentale, infatti, togliere questa impressione che tra fede e cultura ci sia una separazione tale da rendere impossibile il dialogo. «Sono realtà evidentemente indipendenti l’una dall’altra, ma che comunque hanno bisogno una dell’altra per far sì che
la cultura diventi anche l’anima di una “politica” che abbia come fine la crescita della gente, delle nostre comunità – ha aggiunto – Questo lo si può fare quando fede e cultura si mettono insieme e guardano l’uomo come l’oggetto delle loro preoccupazioni e dei loro studi». «I docenti sono un po’ come la “cinghia di trasmissione” – ha concluso il cardinale Sepe - attraverso la loro alta professionalità, soprattutto attraverso quella che è la testimonianza di vita di ognuno di loro, possono dimostrare che si può fare una sintesi tra fede e cultura, che sia di orientamento soprattutto per i nostri giovani».