Le nuove linee guida sulla disforia di genere nei bambini non sono una mera correzione delle politiche adottate in Inghilterra negli ultimi undici anni. Sono un azzeramento. La bozza messa a punto dai tecnici del Sistema sanitario nazionale (Nhs England) rottama l’approccio “facile” ai bloccanti della pubertà importato dagli Stati Uniti per tornare a quello di “vigile osservazione” utilizzato nei primi anni 90. Una rivoluzione. Le anticipazioni del testo diffuse ieri ruotano attorno a un concetto chiave: nei minori l’incongruenza tra identità e sesso di nascita è una «fase transitoria» che «nella maggior parte dei casi non persiste nell’adolescenza».
Le nuove raccomandazioni, che saranno oggetto fino a dicembre di una consultazione pubblica, sono il seguito della decisione maturata a luglio di chiudere, entro la prossima primavera, la clinica londinese della Tavistock & Portman Foundation specializzata in problemi di identità di genere tra gli under 18. L’unica pubblica del Regno Unito. L’anno scorso un’indagine condotta al centro dalla pediatra Hilary Cass aveva portato a galla la mancanza di dati “coerenti” sulle transizioni eseguite e la superficialità con cui fattori come l’autismo erano stati valutati ai fini della diagnosi. La conclusione del rapporto preliminare (quella definitiva è attesa nel 2023) è che il modello Tavistock, scriveva Cass, «non è un’opzione sicura o praticabile a lungo termine».
La clinica, va ricordato, era finita nell’occhio del ciclone con il caso di Keira Bell, la 24enne pentita delle terapie ormonali che durante l’adolescenza, a 16 anni, l’avevano fatta diventare uomo. La de-transitioner aveva fatto causa ai medici denunciando carenza di consenso informato. L’Alta Corte le aveva dato ragione con una sentenza che, poi, è stata parzialmente ribaltata dal tribunale d’Appello. Il vaso di Pandora era però ormai scoperto. La bozza delle nuove linee guida spiega che il processo decisionale clinico finora adottato è fondato su «prove scarse e inconcludenti». L’approccio va dunque cambiato all’insegna dell’estrema cautela. Non solo con i farmaci. Anche la cosiddetta “transizione sociale”, per esempio il cambio del nome, «dovrebbe essere presa in considerazione solo quando necessaria ad alleviare o prevenire un disagio clinicamente significativo».
La stretta fa storcere il naso alle associazioni Lgbt britanniche. Il cambio di rotta si compirà l’anno prossimo quando, a raccomandazioni perfezionate e approvate, le competenze della Tavistock verranno trasferite a centri regionali.
Angela Napoletano
Avvenire, 27 ottobre 2022