Tra le tante crisi che il nostro Paese ha vissuto e ancora vive, una rischia di essere quella destinata a lasciare le ferite più profonde; tuttavia questa non è affrontata con la dovuta attenzione dalla politica e dalla società. Stiamo parlando della crisi demografica che vede il nostro Paese in caduta libera per quanto riguarda le nascite. Nel 2008 in Italia sono nati 576.659 bambini, nel 2015 ne sono nati 485.780 (dati Istat); per il 2016, i dati, non definitivi, indicano una riduzione di un ulteriore 6% rispetto all’anno precedente. In sette anni la natalità annuale è scesa di 90.879 unità, cioè del 15,75%. La bassa natalità italiana costituisce con evidenza un problema sociale in quanto crea (e lo farà in modo esponenziale nel futuro) una difficilissima sostenibilità del welfare e dello sviluppo del Paese stesso. Il calo delle nascite porta con sé una diminuzione della popolazione scolastica e un minor numero di bambini inseriti nel sistema nazionale di istruzione vuol dire una contrazione sensibilmente maggiore per le scuole paritarie per le quali è prevista una retta. La scuola statale, quale competitor gratuito in un contesto di crisi economica e in una dimensione in cui anche laddove vi era una carenza di servizi scolastici questa viene meno, diventa la risposta – ancor più automatica di quanto non sia adesso – per la domanda educativa delle famiglie. Tale dato si inizia già a sentire sulle scuole secondarie, basti in questo senso pensare a come già in alcune Regioni le secondarie paritarie si contano sulle dita di una mano, mentre in altre già non ve ne sono più.
L’erosione rischia di arrivare in breve anche alle primarie e poi all’infanzia. Statistiche recenti sui dati complessivi riportano la perdita di 75mila alunni sulle paritarie nel biennio 2013-14 e 201415. In Toscana, per esempio, si prevede la chiusura nei prossimi tre anni di 500 sezioni di scuola dell’infanzia, metà delle quali paritarie, nonostante il rapporto attuale sul territorio sia 7030% a favore della statale. L’analisi di tale fenomeno, oltre a suscitare in chi ha responsabilità politiche a favore della natalità e della famiglia, deve far riflettere il mondo della scuola sul rischio di perdere un patrimonio educativo secolare rappresentato dalla scuola paritaria e dalla scuola cattolica in particolare. Un orizzonte di questo genere significa la «statalizzazione» della scuola italiana e la perdita della libertà di scelta per le famiglie, condurrebbe all’inesistenza di una reale libertà educativa, un impoverimento non per alcuni, ma per tutto il Paese. Per questo occorre quindi un’accelerazione nel raggiungimento di una reale parità per non arrivare troppo tardi a rendersi conto del patrimonio che rischiamo di perdere. Facciamo presto.
Leonardo Alessi
Avvenire, 24 gennaio 2017