UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Dante maestro e profeta. Il Papa pensa a un documento

L’udienza a una delegazione della diocesi di Ravenna-Cervia: l’esperienza del poeta “per attraversare le tante selve oscure”
12 Ottobre 2020

La Chiesa parlerà ancora di Dante e proporrà il suo messaggio al mondo come «profeta di speranza». L’annuncio è arrivato ieri da papa Francesco, che nell’udienza privata concessa alla città di Ravenna per la benedizione della croce donata nel 1965 da Paolo VI (in occasione del VII centenario della nascita di Dante) destinata ad essere ricollocata nella tomba del Sommo Poeta, ha reso noto l’intenzione, «l’anno prossimo, con l’aiuto di Dio di offrire una riflessione più ampia». Un documento pontificio, quindi, che potrebbe essere, spiega l’arcivescovo di Ravenna– Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni, alla guida della delegazione ravennate, il «secondo documento più importante scritto da un Papa su Dante, dopo quello di Paolo VI, Altissimi Can- tus pubblicato il giorno prima della fine del Concilio al termine del quale ha donato una copia della Divina Commedia a ogni padre conciliare».

Una notizia che ha ovviamente riempito di gioia l’intera delegazione composta dalle principali autorità cittadine e da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari che con il loro progetto “Chiamata Pubblica per la Divina Commedia” hanno coinvolto migliaia di cittadini nella riproposizione teatrale dell’opera di Dante. Dante, come «maestro di umanità», ha spiegato Papa Francesco nell’udienza, che a partire anche dalla sua esperienza di esilio a Ravenna (bellissimo il riferimento nel discorso papale al poeta Mario Luzi), ha reinterpretato non solo la sua vita ma il «“viaggio” di ogni uomo e donna nella storia e oltre la storia».

Diversi i riferimenti a Ravenna e ai suoi mosaici nel discorso del Papa. La morte di Dante, scrive Boccaccio, avvenne nel giorno in cui la Chiesa celebra l’esaltazione della Croce. «Il pensiero – ha commentato Francesco – va a quella croce d’oro che certamente il Poeta vide nella piccola cupola color blu notte, disseminata di novecento stelle, del Mausoleo di Galla Placidia; o a quella, gemmata e “lampeggiante” Cristo – per usare l’immagine del Paradiso – (cfr XIV, 104), del catino absidale di Sant’Apollinare in Classe». Quella stessa croce, una croce gloriosa, che verrà ricollocata nel luogo per il quale era stata pensata, la tomba del Sommo Poeta: «Che possa essere un invito alla speranza, quella speranza di cui Dante è profeta», ha augurato il Papa. «Potrebbe sembrare», ragiona il Papa, che i sette secoli che ci separano dalla sua morte abbiano scavato una «distanza incolmabile tra noi, uomini e donne dell’epoca postmoderna e secolarizzata, e lui ma non è così se anche gli adolescenti avvertono, leggendo la sua opera una sorprendente risonanza».

Proprio sul rilancio dell’opera dantesca nei luoghi della cultura e dell’educazione («nelle facoltà teologiche, ma anche sui mass media e i social») e soprattutto tra i giovani e gli adolescenti, l’arcivescovo monsignor Ghizzoni aveva chiesto, nella sua introduzione «una attenzione speciale» al Santo Padre. «Approfittando di questa risonanza, anche noi – ha concluso il Papa – potremo arricchirci dell’esperienza di Dante per attraversare le tante selve oscure della nostra terra e compiere felicemente il nostro pellegrinaggio nella storia, per giungere alla meta sognata e desiderata da ogni uomo: “l’amor che move il sole e l’altre stelle”».

Daniela Verlicchi

Avvenire, 11 ottobre 2020