A volte per cambiare le cose basta cambiare il punto di vista. Prendiamo, per esempio, la scuola. Quella di oggi, lo dicono le ultime ricerche sull’argomento, è per la maggior parte organizzata come un secolo fa. Una sorta di catena di montaggio dell’istruzione, con l’insegnante che spiega, gli alunni che ascoltano in classe e studiano a casa e l’interrogazione o la verifica con il voto finale. Un sistema che, non da ora, non funziona più, come certificano i tassi di abbandono scolastico che, in alcuni territori del Sud, raggiungono livelli più che preoccupanti.
Cambiare è, dunque, una necessità. Cominciando, appunto dal cambiare lo sguardo sulla scuola. Meglio se dal basso, coinvolgendo prima di tutto gli studenti, che sono i principali protagonisti di quest’avventura educativa che, per tanti, rischia di trasformarsi in epopea. Un contributo ad immaginare una scuola nuova, diversa e più coinvolgente arriva dalla Fondazione Francesco Morelli che, sulla strada tracciata dal visionario fondatore dell’Istituto europeo di design (Ied), ha promosso l’edizione zero di Yawp Festival, portando nei giorni scorsi a Base Milano le esperienze di insegnanti, educatori, ricercatori e leader di organizzazioni e chiedendo a ciascuno di declinare il celebre urlo «barbarico» di Walt Whitman che, da più di un secolo e mezzo, risuona «sopra i tetti del mondo». Da questa mescolanza di stili, esperienze e proposte sono uscite idee che hanno l’ambizione di portare una ventata di novità nelle aule di scuola. Scardinando un ordine costituito ormai non più al passo coi tempi. Una rivoluzione «In piedi sui banchi di scuola», come i ragazzi dell’Attimo fuggente, che con questo gesto, semplice e potente, hanno aperto una breccia nel muro secolare dell’autoritarismo.
Per cambiare il paradigma dell’istruzione non necessariamente bisogna aggiungere ma si può anche «sfoltire e alleggerire». L’ha spiegato Edoardo Albinati, scrittore e insegnante di Italiano per trent’anni nel carcere romano di Rebibbia. Un’esperienza che, assicura il vincitore del Premio Strega 2016, può fornire idee innovative anche alla scuola fuori dalle sbarre. «L’esperienza in carcere mi ha insegnato che è la singola giornata che conta», ha raccontato Albinati. Che sovente si è trovato a insegnare a detenuti che non sapeva se avrebbe rivisto il giorno dopo. Con la necessità, dunque, di far rendere al massimo quella singola ora dilezione. Non mettendosi in cattedra, ma «stando accanto» agli studenti per «guardare insieme» verso l’obiettivo, senza pensare ad eventuali fallimenti, «che inevitabilmente ci saranno» e senza «rinunciare alle difficoltà» andando «dritti verso ciò che è più sfidante».
Secondo la visione di Morelli, illustrata dal presidente della Fondazione, Riccardo Balbo, la scuola dovrebbe quindi diventare «un laboratorio per dare dignità al lavoro attraverso la promozione della conoscenza». Un approccio di cui, però, non si conoscono tutti i possibili sviluppi, soprattutto da quando l’Intelligenza artificiale è entrata prepotentemente in scena. Oggi i ragazzi studiano per mestieri che ancora non esistono, è stato ripetuto a Yawp Festival. Da qui, allora, l’importanza di un più efficace orientamento scolastico. «I giovani fanno più fatica a immaginarsi un posto nel mondo: dobbiamo aiutarli a pensare», è stato l’invito alla scuola lanciato dalla ricercatrice della Fondazione Agnelli, Barbara Romano. Mentre Luciano Galimberti, designer e presidente Adi (Associazione per il disegno industriale), ha ricordato che compito della scuola è «formare i ragazzi a fare domande, perché la qualità della risposta dipende dalla qualità della domanda e la capacità di fare domande farà la differenza per i giovani di domani». Senza paura di fare domande inopportune, ma «con il coraggio di coltivare i propri talenti», ha aggiunto Luca Dal Pozzolo, della Fondazione Fitzcarraldo e direttore dell’Osservatorio culturale del Piemonte. Impresa possibile solo avendo accanto una scuola che fa di «comprensione, calore ed empatia» la propria cifra distintiva, ha chiosato Romano. In definitiva, una scuola capace di tenere il passo.
Paolo Ferrario
Avvenire, 15 dicembre 2024