Crescere nella Babele dei messaggi “educativi” è il tema su cui si è incentrato, giovedì 13 giugno 2019, un seminario di studio promosso dalla Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università, l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia, l’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, l’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, il Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica.
Si è trattato del primo di una serie di incontri preparatori all’evento “Educare ancora. Il tempo dell’educazione non è finito” (Roma, 19-21 marzo 2020), con cui la Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università intende raccogliere e rilanciare il compito educativo anche oltre il decennio dedicato a “Educare alla vita buona del Vangelo”.
L’obiettivo di fondo del seminario è condividere una lettura sullo stato attuale dell’educazione dal punto di vista sociale e culturale. Su questi temi i presenti si sono confrontati a partire dalle relazioni del prof. Matteo Lancini, docente universitario e psicoterapeuta, e del prof. Massimiliano Padula, presidente del Copercom e docente alla Pontificia Università Lateranense.
Nella sintesi operata dall’agenzia SIR, una sintesi dei contenuti emersi durante la giornata.
“Invitare i confratelli vescovi e le Chiese in Italia ad assumere il compito educativo, che ha accompagnato il decennio che va a concludersi, come componente essenziale della loro missione pastorale”. Così mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, spiega l’obiettivo del seminario di studio “Crescere nella Babele dei messaggi ‘educativi’”, promosso questa mattina a Roma, presso la sede della Cei, dalla stessa Commissione in collaborazione con gli Uffici nazionali per l’educazione, la scuola e l’università; per le comunicazioni sociali; per la pastorale della famiglia; per la pastorale del tempo libero, turismo e sport; per la pastorale delle vocazioni e con il Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica. Oggi, spiega Crociata, la cura educativa è “più complessa e urgente di dieci anni fa”; occorre pertanto “fare il punto sull’educazione oggi per comprendere come promuoverla e accompagnarla”. Questo “nell’esplorazione di tre prospettive educative sulla comunità ecclesiale e sulla scuola”. L’incontro odierno, prosegue il presule, “nasce dall’esigenza di aggiornare la comprensione di società come ambiente educativo in senso lato. La scelta dei temi da trattare ha privilegiato la dimensione mediatica intesa non come un settore ma come una corrente di comunicazione determinante e pervasiva nel tessuto sociale e nella mente delle persone”. Solo comprendendola “si può assumere consapevolmente e responsabilmente il compito educativo”. L’appuntamento che ha appena preso il via è il primo di una serie di incontri preparatori all’evento “Educare ancora. Il tempo dell’educazione non è finito” (Roma, 19-21 marzo 2020), con cui la Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università intende raccogliere e rilanciare il compito educativo anche oltre il decennio dedicato a “Educare alla vita buona del Vangelo”.
Oggi “nella società dell’immagine del narcisismo, Internet è un nuovo ambiente di comunicazione, relazione, scambio”, mentre nella famiglia dove entrambi i genitori lavorano, il padre rischia di essere “simbolico” e la madre “virtuale”. Manca il contatto corporeo: genitori e figli sono spesso distanti ma mai “soli”. Esordisce così Matteo Lancini, psicoterapeuta, presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano, intervenuto al seminario di studio “Crescere nella Babele dei messaggi ‘educativi’”, promosso questa mattina a Roma, presso la sede della Cei, dalla Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, in collaborazione con alcuni Uffici nazionali. Nell’educazione odierna, spiega l’esperto, vengono sostenute espressività, creatività, intenzionalità, scompare il “prima il dovere poi il piacere”. Viene sostenuta la socializzazione precoce e i bambini sono fotografati, ripresi e immortalati da sempre. Non c’è quindi da meravigliarsi se poi, a 11-12 anni, sono video o smartphone dipendenti: “Questa – chiosa– è l’unica dipendenza indotta dagli adulti”. Lancini si sofferma sulla scomparsa di “giochi e battaglie di strada” necessari a sperimentarsi e a crescere a favore di videogiochi e sfide virtuali e sottolinea la difficoltà di costruire un’alleanza scuola–famiglia: “Oggi genitori e insegnanti hanno molti più competitor perché i bambini hanno molti più modelli di identificazione”. Assistiamo inoltre ad una “pornografizzazione della società: le nuove generazioni non solo hanno accesso a contenuti porno, hanno una difficoltà sempre più evidente a tracciare un confine tra un’esperienza intima da vivere in privato o da condividere in pubblico”. “Bambini adultizzati, adolescenti infantilizzati, adulti adolescentizzati: questa – avverte il relatore – la vera emergenza educativa”. Abbiamo bisogno di adulti autorevoli: la loro relazione e il loro sguardo di ritorno sono fondamentali per gli adolescenti. Di qui alcune indicazioni ai genitori: “Rinunciare all’iperinvestimento su di sé e sul proprio figlio, al sovranismo psichico; non mortificare ma educare al fallimento l’adolescente fragile, il fallimento fa parte del processo di crescita; aiutare a tollerare il dolore della crescita; contrastare l’individualismo imperante; identificarsi con le ragioni del più debole”.
“I media concepiti in chiave tradizionale non esistono più”. Ognuno di noi “incarna un ruolo sociale e questa dimensione sociale è costruita su meccanismi di autorappresentazione e di autonarrazione: traduciamo i nostri sentimenti in contenuti web”. In questo modo “la sfera privata esplode in quella pubblica”. A delineare lo scenario è Massimiliano Padula, docente alla Pontificia Università Lateranense e presidente del Copercom, intervenuto al seminario di studio “Crescere nella Babele dei messaggi ‘educativi’” in corso a Roma, presso la sede della Cei, per iniziativa della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, in collaborazione con alcuni Uffici nazionali. In questo orizzonte, “come ricominciare ad educare nell’era digitale?”, l’interrogativo posto dal relatore. Anzitutto “distinguendo tra miti e fatti”. “Partecipa, mesciappa (da mash up, mescolare), tagga e hashtagga, racconta storie (concetto di story telling)”: questo l’identikit della “Web generation” tracciato da Padula che indica la velocità come tratto dominante della nostra società e sottolinea l’importanza, nell’ambiente del web, di “possedere la conoscenza critica per capire e interpretare le informazioni”. “Occorre – avverte – rimodulare la contemporaneità alla luce dei media che sono nostre proiezioni, passando dal paradigma del tecnocentrismo a quello dell’ecologia. La medialità siamo noi, l’insieme di uomini e donne che si trovano a convivere con dispositivi tecnologici”. Padula mette in guardia dal rischio di “plus-umanizzarsi” insito nei social, ossia di “radicalizzare la propria umanità evitando confronti e consolidando a forza le proprie posizioni senza innescare i filtri tipici della socialità: pazienza e buon senso”. Di qui la presenza sui social di odio, stalking, cyberbullismo, revenge porn. Ripercorrendo la parabola della relazione persone–media, che sintetizza in questi termini: “Educati dai media, educati con i media, educare ai media, educare con i media”, l’esperto spiega che l’ultimo passaggio è: “Dobbiamo educare i media, cioè noi stessi, passando dalla riflessione sui media alla riflessione sull’uomo come essere mediale”. E “la meducazione è una disciplina dell’anima”, assicura; “ne hanno bisogno i giovani ma soprattutto gli adulti”.
Sir, 13 giugno 2019