UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Scuola, luogo dell’“essere per”

Don Raffaele Maiolini (Brescia): la Chiesa deve avere un pensiero progettuale sull’educazione e sulla scuola, intesa come rete di luoghi formativi e culturali
28 Settembre 2020

In occasione dell’uscita del Sussidio “Educare, infinito presente”, elaborato dalla Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università a conclusione del decennio sull’educare alla vita buona del Vangelo, abbiamo rivolto alcune domande a don Raffaele Maiolini, direttore dell’Ufficio per l’Educazione, la Scuola e l’Università della Diocesi di Brescia.

In base alla sua esperienza, quali attenzioni o aspetti manifestano al meglio l’amore e l’impegno della Chiesa per la scuola? C’è un’esperienza o un’iniziativa in particolare che vuole segnalare?

Oltre alle consuete importanti categorie che da sempre i documenti segnalano per genitori, studenti e dirigenti, mi preme sottolineare alcune specificità. In primo luogo la scuola cattolica come espressione di un modello del significato che vogliamo dare a educazione, cultura, pensiero. Poi l’attenzione verso il mondo della disabilità: la qualità dell’accoglienza dei disabili è indice di crescita complessiva della scuola, di vera attenzione a tutte le persone. Infine, la gestione delle fasi di “passaggio” e di criticità quali l’ingresso nella scuola, l’inizio delle secondarie, i maturandi, i docenti a fine carriera. Per quanto riguarda le esperienze da segnalare, che pure abbiamo (Maturi al punto giusto, ad esempio), evidenzierei soprattutto la cura delle relazioni – istituzionali, associative, personali – e la vicinanza immediata e competente alle situazioni.

Quali sono le sfide e i temi più rilevanti per la scuola di oggi a cui anche la Chiesa può dare un contributo?

Valorizzare la scuola in quanto luogo che “sta” nella comunità, come riferimento, costruzione di legami e relazioni, palestra di socialità per i giovani, ma anche per gli adulti che hanno perso l’abitudine al confronto e alla democrazia. La Chiesa deve essere capace di un pensiero globale, progettuale sulla “scuola” intesa come rete di luoghi formativi e culturali che prescindono dalle aule e guardano anche altrove.

Come pensa che il sussidio possa aiutare le comunità cristiane a rafforzare il rapporto tra le realtà ecclesiali e le scuole?

La tentazione della comunità cristiana è di pensare, sebbene spesso in modo inconsapevole, che la scuola non sia lo specifico della comunità cristiana. La relazione con i malati, l’interesse per bambini e giovani attraverso la forma dell’oratorio, l’interesse per i poveri tramite la Caritas, la propensione per le missioni fanno parte del modo con cui la pastorale intende il mandato dell’essere parroco e parrocchia; ma la scuola no. Per questo la pastorale per la scuola rischia di essere appannaggio, ben che vada, degli uffici più che popolo di Dio. Mi auguro, quindi, che il Sussidio aiuti soprattutto a far circolare l’idea all’interno della comunità cristiana parrocchiale che l’educazione, la cultura, il pensiero non sono una dimensione “altra” rispetto alla vita cristiana, o un “luogo” da cristianizzare, perché non si può essere comunità cristiana se non per qualcuno.