«Colpisce la velocità e l’intensità con cui la vita dei ragazzi, nell’arco di un decennio si è spostata dalla vita reale alla vita online, cambiando attitudini e abitudini degli adolescenti, rivoluzionandone stili comunicazionali e relazionali». È quanto si legge in un articolo del prof. Alberto Pellai, docente presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli studi di Milano, pubblicato su “Aggiornamenti Sociali”, che anticipa in parte la relazione che lo studioso terrà al Seminario Nazionale del 19-21 marzo 2020 “Educare ancora, educare sempre”.
«Analizzando l’indagine periodica definita “Abitudini e Stili di Vita degli Adolescenti italiani”, promossa nel corso degli ultimi 16 anni dalla SIP (Società italiana di Pediatria)», continua Pellai , «ci si rende conto di quanto massicciamente le tecnologie abbiano penetrato e contaminato lo stile di vita dei giovanissimi. Se nel 2000 solo il 5% degli adolescenti dichiarava di aver utilizzato almeno una volta internet, nel 2004 la percentuale era già salita al 57%, per approdare al 100% nell’ultima indagine effettuata e resa disponibile».
Una crescita esponenziale e inarrestabile in cui la velocità temporale con cui questi numeri sono stati raggiunti comporta trasformazioni antropologiche molto rapide. Se da una parte il bisogno di socializzazione dell’adolescente, trasferito nel web, ha permesso ai ragazzi di viverne in modo intenso e significativo tutti gli aspetti positivi, questa straordinaria velocità di contatto e accessibilità senza limiti ha determinato tutta una serie di aspetti problematici, se non decisamente negativi.
«Il bisogno di essere visti, fino a sconfinare nel narcisismo quasi patologico, l’attitudine di molte ragazze a trovarsi coinvolte in un nuovo fenomeno definito “sexting”, la diffusione del Cyber-bullismo che rispecchia le medesime caratteristiche del bullismo presente nella vita reale», ricorda tra gli altri Pellai. Senza contare che: «L’anonimato della rete provoca una riduzione dell’autocontrollo e una corrispondente diminuzione dello sforzo per mantenere un comportamento sociale adeguato».
Quali sono dunque i rischi maggiori di crescere socializzando intensamente nel mondo online riducendo la socializzazione in quello reale? «La fala socializzazione che sta in un “click”», si legge nel contributo del prof. Pellai, «è una socializzazione che agli adolescenti risulta molto facile perché “gratifica” il loro cervello emotivo, così capace di prendere il controllo di tutte le situazioni, e non costringe invece il cervello “cognitivo” a fare fatica, a sottoporsi a sfide impegnative che comportano la messa in gioco e l’assunzione del rischio di fallimento, elemento che non può non connotare la vita dell’adolescente. Perché senza rischio, non può esserci crescita».
La crescente mole di dati che le ricerche rendono disponibili sull’impatto che la vita online dei minori ha sulla loro vita reale lo conferma: «L’illusione di una socializzazione sempre possibile, ma fortemente falsata dalle dinamiche della virtualità, impedisce all’adolescente di accedere ad una socializzazione formativa e strutturante della sua vita reale», conclude Pellai nel suo scritto, «una socializzazione in cui mettere in gioco “competenze per la vita” in grado di “allenare e formare” circuiti neuronali integrativi tra le zone emotive e le zone cognitive del cervello adolescente in trasformazione».