Esce in questi giorni il volume Filosofia del digitale (a cura di Luca Taddio e Gabriele Giacomini; Mimesis, pagine 346, euro 24,00). Tra gli autori L. Floridi, M. Ferraris, S. Tagliagambe, A.F. De Toni, R. Masiero e molti altri. Il libro sarà presentato al Festival Mimesis (che – è stato comunicato ieri – si svolgerà interamente in modalità online) domani a Udine. In esso sono raccolti i contributi della prima edizione del Master in Filosofia del digitale dell’Università di Udine – in queste settimane si chiudono le iscrizioni alla seconda edizione (oggi il termine ultimo).
Si tratta di un libro ambizioso, che si colloca all’interno di un progetto di ampio respiro, nel quale rientra anche un Master omonimo, attivo dallo scorso anno presso l’Università di Udine, che concerne la progressiva digitalizzazione della società – lavorativa, ma non solo – di cui in questo periodo abbiamo potuto registrare una vera e propria impennata. Prendiamo, a titolo di esempio, il casus – belli, per molti – della scuola. È in effetti divenuto negli ultimi mesi un tema di pubblico dominio quello relativo al suo nuovo volto tecnologico. Da sempre l’educazione costituisce uno dei nodi più complessi, sul quale praticamente ogni governo negli ultimi vent’anni è intervenuto cercando di modificare – ottenendo talvolta il risultato di peggiorare drasticamente – l’assetto del modus educandi italiano. L’attuale stato di emergenza pandemica ha, se possibile, estremizzato i termini del dibattito, che è dilagato ben oltre i confini delle stanze del Miur, ma anche di quelle del Governo e degli attori sociali (docenti, dirigenti etc.) direttamente coinvolti nella questione.
In seguito al lockdown e a causa delle sue più immediate conseguenze pratiche, è andata infatti progressivamente affermandosi l’idea secondo la quale la scuola è cosa pubblica per eccellenza, una realtà che intreccia questioni concernenti l’intera società, che deve quindi essere oggetto di un’attenzione costante e collettiva. Anche se purtroppo il ragionamento ha prodotto l’esito funesto che chiunque si sente in diritto di valutare e giudicare scelte operate da team – sanitari, scientifici o pedagogici che siano – auspicabilmente più competenti in materia dei singoli cittadini, la sua lunga eco è altresì risuonata nell’effetto, auspicato da anni, di canalizzare non soltanto le discussioni, ma anche risorse economiche e materiali in un comparto – quello dell’istruzione – percettibilmente agonizzante su questo fronte. Il caos delle supplenze di queste settimane e l’impudico candore con cui il Presidente del Consiglio ha a questo proposito dichiarato che avere assegnate le cattedre vacanti al 14 settembre equivarrebbe a vivere nel “mondo delle fiabe” indica che siamo ancora ben lungi dall’obiettivo di riassetto e risanamento profondo del settore.
Ciononostante, è innegabile che nelle aule degli istituti cominciano a notarsi le conseguenze degli interventi economici operati, primi tra tutte quelle concernenti proprio la digitalizzazione dell’istruzione. A maggio ho sottoscritto – lo rifarei oggi – l’appello contro la prospettiva di una scuola “da remoto” e a favore di una rapida, benché sicura, riapertura della medesima. Sono passati alcuni mesi e ora ci troviamo con una scuola che si frequenta in presenza, anche se con regole e strumenti didattici molto diversi da quelli a cui eravamo da sempre abituati.
Vale la pena “non buttare il bambino con l’acqua sporca” (dovremmo forse dire “lo studente con la didattica a distanza”) e cogliere invece l’occasione per porre all’ordine del giorno un più ampio e articolato processo di riforma, che chiarisca innanzitutto qual è lo statuto – teorico e pratico – del lavoro digitale, che ne evidenzi le criticità a fianco delle potenzialità. La filosofia è chiamata in prima linea a ripensare l’essenza del profondo cambiamento in atto.
La seconda edizione del Master in Filosofia del digitale attivo presso l’Università di Udine rappresenta un’importante occasione per riflettere su tematiche sempre più presenti nella vita – sociale e lavorativa – di ciascuno e per comprendere da vicino il modo in cui il pensiero può “digitalizzarsi” senza con ciò snaturare la propria essenza. Il filosofo non può trarsi indietro di fronte a questa sfida; è necessario per lui aggiornare la sua “cassetta degli attrezzi” per agire da protagonista in quest’altra, imminente, fase che ci attende e che consiste nel ridisegnare i contorni di una società e una socialità radicalmente mutate.
I numerosi contributi presentati nel volume collettaneo Filosofia del digitale che fa da pendant al Master, forniscono un primo importante approccio alla questione e alla posizione del problema in una chiave che non è disfattista né ingenuamente entusiastica. È ogni giorno più urgente il bisogno di trovare una terza via tra l’uno e l’altro estremo e per percorrerla è indispensabile per il filosofo partire adeguatamente equipaggiato.
Umberto Curi
Avvenire, 22 ottobre 2020