UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Così san Tommaso ispira gli scienziati di oggi

L’intervento del prof. Tanzella-Nitti al Congresso Tomistico Internazionale
19 Settembre 2022

Dal 19 al 24 settembre si terrà all’Angelicum di Roma l’XI Congresso Tomistico Internazionale, la cui cadenza è decennale. Per questa assise vengono a Roma i maggiori studiosi di san Tommaso e si apre un dialogo con la contemporaneità. Anticipiamo la sintesi dell’intervento di Giuseppe Tanzella-Nitti sulla scienza contemporanea e san Tommaso.

Tommaso d’Aquino e la scienza contemporanea hanno qualcosa da dirsi? La domanda viene posta in modo formale nel corso dell’XI Congresso Tomistico Internazionale che vedrà impegnati all’Angelicum di Roma circa duecento studiosi di tutto il mondo. A prima vista, instaurare un dialogo fra un autore del XIII secolo e la scienza odierna pare un’impresa destinata all’insuccesso. Il tempo che ci separa dagli scritti dell’Aquinate sembra troppo lungo, e la sua visione della natura troppo distante dalla nostra, per ritenere che la sua opera possa ancora illuminare la nostra conoscenza del mondo fisico. Basti pensare che otto secoli fa san Tommaso non conosceva la dimensione evolutiva del cosmo e della vita, non era al corrente della sintesi nucleare che produce l’energia delle stelle, non immaginava quanto lunghi fossero stati i tempi dell’evoluzione biologica sul nostro pianeta, né sospettava le diverse morfologie del genere Homo che hanno preceduto la nostra specie Sapiens. Nel XIII secolo all’Università di Parigi non si parlava di telescopi spaziali, di acceleratori di particelle o di onde gravitazionali, non si conosceva cosa fossero il Dna o i neuroni a specchio.

Eppure, Tommaso continua ad attrarre anche oggi molti uomini di scienza. La precisione metodologica e il rigore espositivo delle sue argomentazioni, la sua fiducia nella ragione e l’importanza che egli tributa alla dimostrazione logica lo rendono assai vicino agli scienziati, pensatori in controtendenza rispetto alle varie forme di pensiero debole oggi dominanti. Fra le pubblicazioni filosofiche e teologiche negli ultimi anni non mancano libri e articoli su riviste specializzate i cui titoli accostano il nome dell’Aquinate ad alcune importanti questioni scientifiche oggi dibattute. Non sono pochi gli autori che continuano a scegliere la prospettiva tomista quando devono affrontare complessi problemi interdisciplinari. Ha senso allora chiedersi: qual è il motivo di questa attualità? Proviamo a suggerire alcune ragioni.

In primo luogo, il pensiero di Tommaso d’Aquino è capace di evidenziare, forse meglio di altri autori, le premesse filosofiche della conoscenza scientifica. Sono premesse che il metodo scientifico impiega in modo implicito, senza necessità di esplicitarle, sulle quali Tommaso sa far luce: la conoscenza empirica deve partire da una filosofia della natura e, ancora più in profondità, da un’ontologia; perché gli enti materiali siano suscettibili di indagine scientifica occorre dare per presupposto che essi siano e siano qualcosa di specifico, cioè partecipino dell’essere e posseggano una specifica natura. A Tommaso si deve inoltre una formulazione efficace della dottrina dell’analogia, che è la base implicita del perché la scienza possa lavorare con dei modelli e trarne risultati applicabili alla realtà.

La dottrina tomista della causalità, poi, pone bene in luce il ruolo delle cause formali e finali, che operano sul piano filosofico, distinguendole da quelle efficienti, che operano soprattutto sul piano empirico e quantitativo; egli, inoltre, ricorre con successo all’articolazione fra causa prima e cause seconde quanto affronta il problema dell’agire di Dio sulla realtà naturale. In ambito antropologico, l’Aquinate aveva anticipato l’embodiment delle emozioni e delle attività cognitive, mostrando come la loro presenza su tutta la corporeità sensibile non rimpiazzava la necessità di un soggetto unificante che trascendesse la materialità del corpo, perché sede di identità e di intenzionalità.

In secondo luogo, Tommaso ha insistito a lungo sull’unità della verità, profondamente persuaso che omne verum, a quocumque dicatur, a Spiritu Sancto est – tutto ciò che è vero, chiunque sia a dirlo, proviene dallo Spirito Santo – un’affermazione che, pur nella sua semplicità, spalancava la porta all’integrazione dei saperi, al dialogo fra le diverse discipline, all’impiego dei risultati delle scienze in teologia. Egli spezza così una lancia a favore del realismo conoscitivo, oltre ogni idealismo e convenzionalismo. Le virtù che san Tommaso, seguendo Aristotele, associa al lavoro intellettuale sono le stesse alla base del lavoro scientifico come lo pratichiamo oggi. Qualcuno ha detto che se san Tommaso fosse vissuto ai nostri tempi, sarebbe stato un filosofo analitico.

Guardando lo sviluppo delle conoscenze scientifiche odierne ci si rende presto conto che la rilevanza di san Tommaso è in fondo quella di aver indicato una direzione di marcia, una strada che va seguita (e in parte tracciata) anche dopo di lui. La dottrina della causalità, per fare solo un esempio, incontra oggi sfide nuove, come la nonlocalità in meccanica quantistica, i fenomeni olistici e la complessità; Tommaso ha sviluppato poco il dialogo con le life sciences, non avendo commentato le opere di Aristotele che parlano di biologia e di zoologia; la prospettiva ecologica, oggi essenziale, riceve da Tommaso una minore attenzione, sebbene il suo pensiero contenga elementi assai utili per affrontarla e svilupparla.

In sostanza, occorre continuare il lavoro che Tommaso non ha potuto fare perché la sua non era la nostra epoca, occorre lavorare come avrebbe fatto lui se fosse vissuto ai nostri giorni. Il tomismo è in fondo e prima di tutto un metodo. Un metodo che può continuare ancora ad ispirare il lavoro che la filosofia e la teologia del XXI secolo sono chiamate a svolgere nei riguardi delle scienze.

Giuseppe Tanzella-Nitti

Avvenire, 17 settembre 2022