Le quattro parti in cui Paolo Rosso, docente di Storia medievale presso l’Università di Torino, ha diviso il suo recente saggio “La scuola nel Medioevo. Secoli VI-XV” (Carocci, pagine 312, euro 21), corrispondono alle altrettante fasi che caratterizzarono, dal punto di vista scolastico, il millennio che intercorre tra la dissoluzione dell’Impero romano d’Occidente e il secolo XV, quando si ebbe l’affermarsi di un nuovo paradigma antropologico e culturale che dette inizio all’epoca che siamo soliti definire umanistica.
Il crollo delle strutture imperiali coincise con la fine degli interventi pubblici a favore della scuola, e la Chiesa divenne l’assoluta protagonista di ogni attività educativa. Nell’alto Medioevo monasteri, cattedrali e collegiate diventarono gli spazi privilegiati dell’istruzione anche mediante «originali sistemi di produzione e di conservazione libraria». Nel XII secolo si assistette a una fioritura culturale e una ripresa della scuola: in questo contesto trovò una sua definizione la figura dell’intellettuale, che l’autore descrive nei termini seguenti: «Si tratta di un nuovo soggetto sociale che trae profitto dall’esercizio dei mestieri della parola e del pensiero, portatore di una cultura cosmopolita e veicolata dal latino, lingua universalmente nota ai dotti occidentali ». È questa l’epoca in cui la specializzazione dei saperi impartiti nelle diverse scuole spinse gli studenti alla mobilità, che andò ben presto a costituire un segno distintivo dello studioso, per il quale, non a caso, venne creato l’appellativo di clericus vagans, che indicò l’uomo obbligato a una vita errabonda dalla ricerca della sapienza.
La rinascita culturale del secolo XII fece sì che aumentasse la richiesta di formazione e di istruzione, cosicché ripresero vita forme di insegnamento a carattere laico e i processi di scolarizzazione interessarono gruppi sociali sempre più numerosi della popolazione dell’Europa bassomedievale. In questo periodo si posero pure le basi per lo sviluppo delle università: a tale riguardo, la novità più significativa fu rappresentata dal «sorgere di una sensibilità associativa tra gli scolari che si riuniscono intorno a un magister». Tra 1100 e 1200 si verificarono le prime trasformazioni delle societates di studenti in universitates: col tempo, tuttavia, esse perderanno il loro carattere spontaneo, passando sotto il controllo ideologico e politico dei vari centri di potere. Giovandosi di un apparato bibliografico estremamente vasto, Paolo Rosso opera un’attenta ricostruzione del cammino della scuola medievale, che rappresenta un’ulteriore ben documentata testimonianza del fatto che, come ormai è assodato, lungi dall’essere caratterizzata da un ristagno culturale, l’epoca di mezzo fu contraddistinta da una vitalità che ha lasciato segni profondi e indelebili nella storia europea.
Maurizio Schoepflin
Avvenire, 22 febbraio 2018